lunedì 7 luglio 2014

Varela e la Neurofenomenologia




di Rocco Pititto 
Professore associato di Teorie del linguaggio e della comunicazione al Corso di laurea di Scienze per il servizio sociale, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”



Scienze cognitive e neuroscienze

   Le scienze cognitive devono molto a Francisco J. Varela (1946-2001), una singolare figura di scienziato e di filosofo del secondo Novecento, che ha affidato il successo delle sue concezioni ad una nuova scienza, – la neurofenomenologia -, da lui stesso delineata a grandi linee, allo scopo di rispondere meglio ai tanti problemi sollevati da certi esiti delle ricerche sul mondo della coscienza.
   Già negli anni della sua collaborazione con Humberto Maturana, Varela aveva elaborato insieme al suo maestro un paradigma concettuale per la comprensione delle scienze biologiche, a partire da caratteristiche irrinunciabili degli esseri viventi, intesi per la prima volta come meccanismi autopoietici.
   Secondo i due studiosi cileni l’autopoiesi è la caratteristica dell’essere vivente, che tende a realizzare un equilibrio dinamico di tipo omeostatico all’interno del rapporto che si costituisce tra la totalità e le singole parti dell’organismo. Sotto questo aspetto viene superata la visione dualistica, rappresentazionalistica e costruzionistica, dei processi cognitivi.
   «Nel modello formulato da Varela e Maturana, la cognizione non è un processo di rappresentazione, e non è limitata a una funzione meramente conoscitiva; la cognizione è azione, intervento, movimento – una dinamica che riconfigura la situazione dell’organizzazione interna del vivente e che, al tempo stesso, riconfigura la relazione del vivente nei confronti del suo ambiente circostante» (M. Cappuccio, Introduzione a Id. [a cura di], Neurofenomenologia. Le scienze della mente e la sfida dell’esperienza cosciente, Milano 2006, pp. 20-1) 

Il programma di Francisco J. Varela

   Secondo Varela, l’esperienza umana costituisce lo “spazio vivente” entro cui si pone e si sperimenta la relazione originaria tra mente e coscienza, relazione che dà inizio all’umanità dell’uomo e lo accompagna nei suoi processi di sviluppo:
  1. per riconoscere e comprendere il nesso tra mente e coscienza nell’uomo, è necessario risalire a ritroso all’esperienza vissuta in prima persona come al fondamento della vita cosciente degli individui.
  2. l’esperienza vissuta in prima persona deve essere considerata come un campo di fenomeni irriducibili a qualsiasi altra cosa;
  3. l’indagine di questo campo di fenomeni esige una pragmatica specifica e un metodo rigoroso per la sua elaborazione e analisi.
   In questa prospettiva, la neurofenomenologia si propone come un’analisi attenta della vita psichica con un approccio metodologico di tipo fenomenologico alla vita psichica, aperto al confronto con le suggestioni degli sviluppi della neurologia degli ultimi decenni. 

Il significato della neurofenomenologia

   La neurofenomenologia:
  1. è il tentativo di rendere possibile un approccio diverso ai problemi della mente e della coscienza;
  2. consiste in un atteggiamento metodologico, in bilico tra filosofia e scienza;
  3. come proposta metodologica, la neurofenomenologia cerca di analizzare e comprendere l’attività cerebrale (descrizioni in terza persona) in termini compatibili con l’esperienza soggettiva della stessa (descrizioni in prima persona).
  4. la domanda immediata è la seguente: Come si puo’ mettere insieme il descrittivo neuronale e il vissuto? Come si può passare da un discorso di qualcosa conosciuto oggettivamente a un discorso conosciuto personalmente, dalla terza alla prima persona? 

Il contesto della nuova scienza di Varela

   Il contesto culturale della “nuova scienza” di Varela è legato alla rivoluzione cognitiva, rappresentata dall’affermazione delle scienze della mente, avvenuta particolarmente nella seconda metà del Novecento. Le nuove scoperte delle neuroscienze sul cervello umano e sulla sua attività comportavano una serie di conseguenze sul piano della conoscenza dei processi mentali dell’uomo e della stessa identità dell’essere dell’uomo, con le quali era necessario confrontarsi. Soprattutto:
  1. gli sviluppi delle scienze della mente avevano portato a ridisegnare i confini tradizionali, assegnati alla mente e alla coscienza, sui tratti del cervello;
  2. su questa linea erano inevitabili le polemiche e le contrapposizioni tra filosofi e scienziati;
  3. Varela non rinuncia agli esiti delle scienze della mente, ma ritiene che essi debbano essere analizzati anche su un piano filosofico, oltre che biologico;
  4. la neurofenomenologia nasce come risposta alla necessità di un incontro tra scienziati della mente e di filosofi sui problemi della mente e della coscienza

L'approccio di Varela ai problemi della mente

   Varela ritiene che il vissuto abbia una natura non spiegabile in termini di sistema neuronale. L’unico legame tra mente e coscienza è rappresentato dalla struttura della stessa esperienza umana. “Difficilmente le cose potrebbero stare diversamente, dal momento che ogni scienza della cognizione e della mente deve, prima o poi, fare i conti con la condizione ineludibile secondo la quale non abbiamo alcuna idea di come potrebbe essere il mentale o il cognitivo al di fuori dell’esperienza che ne abbiamo”.
Perciò:
  1. solo nell’esperienza vissuta di ciascuno si situa lo spazio della mente e della coscienza;
  2. non sarebbe di alcuna utilità fare riferimento a una forma di spiegazione di ordine puramente neurobiologico, che prescindesse dall’esperienza vissuta;
  3. è nell’esperienza vissuta che prende forma e si sviluppa l’autocoscienza, o altrimenti coscienza dell’io, da intendersi come un correlato della mente o la sua espressione più significativa. 

Il difficile problema della coscienza

   La neurofenomenologia vuole essere una risposta al “problema difficile” (the hard problem) della coscienza, sollevato di recente da Chalmers, e al centro del dibattito sulle scienze cognitive e sulle neuroscienze.
   Gli orientamenti sul “problema difficile” della coscienza sono riconducibili a quattro assi e riassumono il senso del dibattito più recente sul problema della mente in ambito angloamericano.
   Le posizioni considerate da Varela vanno dal neuroriduzionismo o eliminatorismo (P.Churchland, F. Crick e C.Koch), al funzionalismo (R. Jackendoff, B. Baars, D. C. Dennett, G. Edelman e W. Calvin ), passando attraverso i cosiddetti “rassegnati” di fronte al “mistero” della coscienza (T. Nagel e C.McGinn), per arrivare a coloro che rifiutano ogni forma di dualismo e ogni pessimismo e ritengono necessario assegnare un ruolo esplicito e centrale ai resoconti in prima persona e alla natura irriducibile dell’esperienza (M. Johnson, G. Lakoff, , J. Searle,, G. Globus, O. Flanegan, Chalmers e lo stesso Varela). Varela considera la sua teoria, o “strategia” neurofenomenologica, come un “rimedio naturale”, atto a superare il “problema difficile” nello studio della coscienza. 

Riscoprire la neurofenomenologia

   Varela è vissuto troppo poco per portare avanti e sviluppare la sua idea di neurofenomenologia con le relative applicazioni al campo della coscienza e dei “fatti mentali”. È questo il vero limite, non tanto di Varela, quanto della neurofenomenologia, priva ancora di ricerche analitiche dei fenomeni della coscienza, condotte, seguendo i quadri concettuali, individuati e proposti da Varela stesso.
   Riproporre la neurofenomenologia di Varela equivale a riflettere ancora sull’uomo e sul suo destino nel mondo, nel tentativo di entrare in dialogo con quanti, tra gli studiosi dei diversi settori del sapere, hanno fatto dell’uomo un semplice “oggetto” di osservazione scientifica;
   La neurofenomenologia, da una parte deve essere intesa come una ripresa di alcune delle correnti più stimolanti, – fenomenologia e neurologia -, della cultura filosofica e scientifica del Novecento; dall’altra si costituisce come una risposta ai nuovi problemi posti alla riflessione filosofica dalla riscoperta della mente e della coscienza. 

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