lunedì 31 ottobre 2016

La Via della Meditazione: le persone serene vivono più a lungo


Gli effetti sulla salute e sulla longevità d’interventi che modificano lo stato d’attivazione neuronale e psichico non sono mai stati studiati a fondo nella tradizione scientifica occidentale. Probabilmente perché il focus della nostra medicina tradizionale è curativa e non preventiva; e per le difficoltà tecniche nel misurare accuratamente gli effetti di manipolazioni dello stato psichico nell’uomo sull’invecchiamento e le patologie associate all’invecchiamento.


Le persone serene vivono più a lungo

 Svariati studi epidemiologici, tuttavia, suggeriscono che le persone serene, allegre, ottimiste, felici, sicure di sé e soddisfatte della vita sono più sane e vivono più a lungo di quelle stressate, depresse, colleriche e isolate (Bruno & Frey. 2011 Science 331:542). 

 I risultati di una meta-analisi di 24 studi suggeriscono che la durata della vita nelle persone felici è del 14% più lunga che in quelle infelici (Veenhoven R et al., 2008 Happiness Stud. 9:449). Inoltre, le persone felici hanno un minor rischio di suicidio o incidenti. 

 Altri studi epidemiologici suggeriscono come le relazioni sociali siano fattori importantissime per la salute e la longevità. Per esempio, la mortalità nel primo mese dopo la morte del coniuge raddoppia negli uomini e triplica nelle donne (Rozanski A et al., 1999 Circulation 99, 2192).

 Che lo stress psicologico sia un fattore di rischio per l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale è risaputo. Lo stress psicologico, per esempio, induce un’attivazione del sistema catecolaminergico (simpatico), che di riflesso causa un aumento della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, ed un’attivazione del sistema immunitario (Bierhaus A et al., 2003 ProcNatlAcad Sci U S A 100:1920; Lutgendorf SK et al., 2005 J ClinOncol 23: 7105).

 L’attivazione inconscia del sistema catecolaminergico in risposta allo stress indotto dal pericolo è una reazione ancestrale ben conservata. Quando un animale si trova in pericolo, inconsciamente attiva dei meccanismi fisiologici che ne facilitano la fuga, ma che se protratti nel tempo esercitano effetti negativi sulla salute. Al contrario, un’attivazione del sistema colinergico (parasimpatico) causa una riduzione della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e induce un potente effetto anti-infiammatorio (Tracey KJ. 2002 The inflammatory reflex. Nature 420:853). 

 Altri studi epidemiologici hanno dimostrato che il benessere psicologico si associa ad una migliore funzione immunitaria e ad una ridotta infiammazione (Miyazaki T et al., 2005 BiolPsychol 70:30; Moynihan JA et al., 2004 PsychosomMed 66:950; Cohen S et al., 1997 JAMA 277:1940; Kiecolt-Glaser JK et al.,2005 ArchGenPsychiatry 62:1377; Spiegel D et al., 1989 Lancet 2:1447). 

 Fortunatamente esistono diversi interventi e tecniche di manipolazione delle funzioni psichiche che ci permettono una volta acquisiti e praticati regolarmente di modificare non solo la struttura e la funzione del nostro cervello, ma anche la salute metabolica del nostro organismo. La meditazione ed alcune tecniche di respirazione praticate da millenni in India, Cina e Giappone stanno emergendo come dei potenti interventi in grado di modulare diversi meccanismi metabolici e molecolari implicati nella biologia dell’invecchiamento e nella patogenesi di molte patologie dell’invecchiamento. 

 Alcuni studi hanno dimostrato, per esempio, che con la meditazione e alcune tecniche respiratorie particolari è possibile inibire il sistema simpatico ed attivare quello parasimpatico (Seals DR et al.,1990 CirculationResearch 67:130; Seals DR et al., 1993 CirculationResearch 72:440), e di riflesso ridurre l’infiammazione mediante l’inibizione dell’espressione di geni coinvolti nei processi infiammatori dei macrofagi (Borovikova LV et al., 2000 Nature 405:458; Ghia JE et al. 2006 Gastroenterology 131:1122). 

 Altri studi hanno dimostrato come un programma di meditazione sia in grado di migliorare la qualità del sonno (Black DS et al., 2015 JAMA InternMed.), di potenziare la nostra capacità di processare ed immagazzinare i dati che ci provengono dall’esterno (Slagter B et al., 2008 Journal of Cognitive Neuroscience 28:11106) e di aumentare la plasticità di alcune aree del cervello (Tang YY et al., 2010 PNAS 107:15649). 

 Uno studio d’intervento condotto su 40 giovani studenti ha dimostrato che 5 giorni di meditazione per 20 minuti al giorno sono sufficienti per migliorare in maniera significativa l’attenzione e il vigore, e ridurre la conflittualità, l’ansia, i sintomi di depressione, la fatica, e i livelli di cortisolo (Tang YY et al., 2007 PNAS 104:17152).

La Meditazione aiuta a vivere meglio

 Le persone che meditano regolarmente, inoltre, acquisiscono col tempo un grande capacità introspettiva, di consapevolezza e controllo delle emozioni che riflette un ottimale integrazione dei processi autonomici, affettivi e cognitivi. 

 La meditazione ci permette di migliorare la nostra capacità di osservare e di godere a pieno delle esperienze che la vita ci regala, migliorando la nostra intelligenza emotiva ed intuitiva. Alcuni studi preclinici dimostrano come gli animali che vivono in ambienti ricchi di stimoli (es. ruote per correre, tunnels colorati e giocattoli) esibiscono una migliore memoria (Fordyce DE and Wehner JM, 1993 Brain Res. 619:111), sono in grado di recuperare meglio da lesioni che inducono deficit di memoria (Rampon C et al., 2000 NatNeurosci. 3:238), ed hanno una ridotta deposizione cerebrale di β-amiloide (Lazarov O et al., 2005 Cell 120:701). 

 Dal punto di vista morfologico, l’esposizione ad ambienti ricchi di stimoli, si traduce in un aumentato numero di spine e protusioni dendritiche, e di sinapsi per singolo neurone (van Praag H et al., 2000 Nat. Rev. Neurosci. ;1:191). 

 Siamo convinti del fatto che lo scopo principale della vita di ogni essere umano debba essere quello di raggiungere la felicità, superando la sofferenza inferta dalle malattie fisiche, psichiche e morali. Per ottenere una felicità vera e duratura (e non solamente quella transitoria ed effimera regalata dai piaceri materiali) dobbiamo mantenerci in salute e trasformare la nostra mente coltivando attraverso la meditazione la nostra intelligenza emotiva, intuitiva e creativa, la compassione, la pazienza e la saggezza.

sabato 29 ottobre 2016

La Meditazione guidata per dormire meglio


Come meditare, quando il respiro è affannoso, oppure se ci prende l’ansia, proprio prima di andare a dormire? Ci sono tecniche di rilassamento scientificamente provate. Ed efficaci.



 Meditazione zen, buddista, vipassana: sono tante le tecniche orientali per rilassarsi e riposare che, fino a pochi anni fa, credevamo essere più vicine all'auto-suggestione che alla terapia. Ma oggi la scienza ha lavorato molto per scoprire come, quando e perché la meditazione, guidata da una musica o dal proprio pensiero, è efficace con ansia e insonnia.

Rilassamento guidato, contro l’insonnia

 Ci si stende sotto le coperte e la lunga lista di cose da fare, preoccupazioni, ritardi, non ci dà tregua. Il risultato? Un circolo vizioso di stanchezza diurna e mancanza di sonno notturno. Un piccolo studio, pubblicato su JAMA Internal Medicine suggerisce come la meditazione di tipo mindfulness (che porta la mente ad uno stato di calma guidato dal respiro e dalla consapevolezza del momento presente) è di aiuto. Lo scrive, nel suo spazio dedicato all'informazione sul sonno, la rivista della Harvard Medical School, che racconta la scoperta del Benson-Henry Institute for Mind Body Medicine. La mindfulness, si spiega, aiuta a interrompere quel flusso continuo di pensieri che provoca ansia e difficoltà a prendere sonno. Secondo lo studio, bastano invece venti minuti al giorno di meditazione per arrivare ad un buon livello di rilassamento. 

Meditazione mindfulness per dormire meglio

 Sono semplicemente due i passaggi che si consigliano per provare a guidare il respiro e la mente prima di andare a dormire. Per prima cosa focalizzarsi sul proprio respiro, su un suono (ad esempio l’Om), una breve preghiera o una parola positiva (rilassamento, oppure pace). Si può anche provare con una intera piccola frase, ad esempio “mi sto rilassando”. Poi ripeterlo ad alta voce (o se proprio non si riesce, nella mente) mentre si inspira o si espira. Dopodiché, spiegano da Harvard, provare a concentrarsi solo sul respiro. E quando la mente prende il volo per altri lidi, fare un respiro profondo e dirsi: “pensa, pensa”, cercando di ri-focalizzarsi sulla parola scelta e sulla respirazione. 

Tecniche di meditazione e rilassamento

 La Harvard Medical School ricorda che sono molte le tecniche a disposizione al giorno d’oggi: rilassamento muscolare, mindfulness, meditazione orientale, tecniche di respirazione consapevole. Gran parte di queste possono essere apprese attraverso libri, canali You Tube, cd a pagamento o, meglio ancora, corsi con esperti di psicologia o discipline olistiche. Importante ricordare che queste tecniche, se eseguite per almeno 15-20 minuti al giorno non offrono (scientificamente parlando) solo un miglioramento della salute in generale ma assicurano una routine che combatte efficacemente, e senza farmaci o ulteriori trattamenti (qualora si tratti di semplice affaticamento temporaneo e alla base non ci siano patologie o situazioni più complesse), molti disturbi del sonno legati ad ansia e stress.

venerdì 28 ottobre 2016

Meditazione e stress, la sperimentazione di Daniel Goleman


Rilassamento e attenzione nella vita dei meditatori



 E’ noto che chi medita è meno soggetto a stati ansiogeni e di stress. Ritorno a questo tema, dai più già conosciuto, per aggiungere qualche informazione più specifica. Uno dei primi ricercatori che nella metà degli anni ’70 si occuparono di questo fenomeno fu lo psicologo e insegnante a Harvard, Daniel Goleman, autore tra l’altro di “La forza della meditazione” e del best seller “Intelligenza emotiva”

 La sua sperimentazione dimostrò come la meditazione accelerava la ripresa da un eccitamento da stress psichico. Cosa significa ciò? Facilmente lo capiamo con un esempio fisico: se una persona sedentaria ed una allenata vengono invitati a fare un chilometro in bicicletta; al fine della corsa il cardiologo registrerà nella prima persona un’accelerazione cardiaca che si protrae nel tempo prima di ritornare alla normalità, e d’altra parte troverà che i battiti del cuore dell’atleta ritornano subito regolari, questo in forza del suo allenamento. Significa che l’atleta rispetto al sedentario ha una buona capacità di ripresa da un eccitamento da stress motorio

 Le cose sono simili sul piano psichico; qui la sperimentazione condotta da Goleman e Gary Schwartz ha posto acuni soggetti meditatori e non di fronte a situazioni di vita con un alto rischio di infortunio, riscontrando che nei meditatori si attivavano più istantaneamente tutti i parametri fisiologici della risposta istintiva al pericolo.

 Scrive Goleman (in “La forza della meditazione”, pag 187-192): “non appena un incidente stava per accadere, i loro corpi si mobilitavano in quella che i fisiologi chiamano reazione di “lotta o fuga” per essere pronti ad affrontare l’evento stressante, così il loro ritmo cardiaco aumentava e cominciavano a sudare più dei non meditatori. Ma non appena l’incidente era passato, i meditatori si riprendevano meglio, i loro segnali di eccitamento corporeo calavano più rapidamente di quelli dei non meditatori; erano più rilassati quando i non meditatori continuavano a dare segni di tensione.” 

 Andando avanti nella sua ricerca Goleman spiega come: “tra chi medita si riscontra una minore incidenza di ansietà, di problemi psicologici, disordini psicosomatici, di raffreddori, mal di testa, insonnia. La persona ansiosa affronta i normali eventi della vita come se fossero crisi. Ogni minimo avvenimento aumenta la sua tensione, ed essa a sua volta ingigantisce un banale evento successivo come una scadenza, un colloquio importante, l’appuntamento con il medico, fino a farlo sembrare un pericolo.” 

 Ma la meditazione non migliora soltanto la capacità di rilassamento, ma pure la capacità di attenzione vigile, scrive Goleman: “L’affinamento dell’attenzione dura al di là della sessione di meditazione stessa: si mostra in una varietà di modi nel resto della giornata del meditatore.

 Si è scoperto che la meditazione, per esempio, aumenta la capacità di raccogliere sottili segnali percettivi nell’ambiente, e di prestare attenzione a ciò che succede piuttosto che lasciare la mente vagare altrove. Ciò significa che nella conversazione con un’altra persona, il meditatore sarà più empatico, poiché egli può prestare un’attenzione più intensa a ciò che l’altra persona sta facendo e dicendo, e può raccogliere meglio i messaggi nascosti che l’altro sta inviando.”

giovedì 27 ottobre 2016

ZEN E ARTI MARZIALI - di Taisen Deshimaru


Zen e Arti Marziali
di Taisen Deshimaru (1914-1982)

ZINAL 1975
numero speciale – agosto/settembre
Tutti i diritti di riproduzione, d'adattamento e di traduzione, riservati per tutti i paesi. 
DESHIMARU - PARIGI 1975 - Heki-Sui-Kan © 

Per scaricare il pdf: 
Per i termini in giapponese, alla fine della  presente Conferenza, esiste un Glossario dei termini. (n.d.r.) 


“La sala d'esercitazione dove si impara l'arte della spada porta da lunga data questo nome: ‘luogo del Risveglio’. L'arte del tiro con l'arco non consiste affatto nel perseguire un risultato esteriore con un arco e delle frecce ma unicamente nel realizzare qualche cosa in se stesso. Dunque non ero io forse arrivato al punto dove cominciava a farsi sentire l'influenza dello Zen sull'arte del tiro con l'arco? La scoperta, nel più profondo dell'essere, dell'essenza senza fondo e senza forma deriva da una meditazione diretta con metodo nelle vie proprie dello Zen”.
Professor E. HERRIGEL "Lo Zen e il tiro con l’arco"


“Come dirigere il nostro spirito? Ciò riguarda lo Zen più che le Arti Marziali. E' l'essenza dello Zen. Lo Zen e le Arti Marziali hanno la medesima disposizione e sono un’unità. Il segreto del non-movimento è il segreto del Budo. Tutte le azioni sono create liberamente dal non-movimento. Non vincere, ma non essere vinto. E' il punto chiave, non solamente nelle Arti Marziali, ma anche nella nostra vita quotidiana”.

Roshi Taisen DESHIMARU 


“Lo Zen può fare attingere alla sorgente della forza e della tranquillità del corpo e dello spirito meglio di qualsiasi religione e di qualsiasi delle Arti Marziali. Nel Kendo, quando mi tuffo realmente nella coscienza Hishiryo, io posso vincere inconsciamente”.

Maestro Masanori YUNO Hanshi, 8° Dan di Kendo
 

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Il maestro TAISEN DESHIMARU ha dettato il seguente testo in occasione della settimana d'iniziazione allo Zen di Zinal il cui tema principale quest’anno è: Pratica dello Zen e pratica delle Arti Marziali. Possa questo incontro risvegliare lo spirito dei Samurai: non competizione ma pace e controllo di se. 


  Dall'alba della sua storia, l'essere umano ha manifestato il desiderio di superarsi in forza e saggezza, aspirando in verità a raggiungere la massima forza e la massima saggezza. Ma con quale mezzo si può diventare il più forte? In Asia, ci si è impegnati con le Arti Marziali e per la via dello Zen, in Giappone in particolare, questo insegnamento tradizionale si è mantenuto, anche se il Budo Giapponese tende a diventare dualista, imparare ad essere forte piuttosto che diventare saggio.

  Lo Zen ci insegna le due cose insieme. Lo Zen che io trasmetto significa la pratica dello Zazen. Mio nonno era un maestro di Judo (Yawara) vigoroso e profondo, che dirigeva l'allenamento dei Samurai prima della rivoluzione Meiji, circa un centinaio di anni fa. E' lui che mi ha istruito e guidato nel Judo. Nella mia giovinezza mi sono anche iniziato al Kendo, e ho impiegato numerosi anni a perfezionarmi. Però, quando ho incontrato il Maestro Kodo Sawaki, il maestro che si è impegnato nella mia educazione di monaco Zen e che più tardi mi ha ordinato monaco per il resto della mia vita, ho cessato di praticare questi Budo per consacrarmi unicamente allo Zazen con tutta la mia energia, senza la minima interruzione fino ad oggi.

  Come voi sapete le possibilità del nostro corpo e del nostro spirito sono limitate, poiché questa è la nostra condizione. Anche la nostra saggezza è limitata perché siamo solo degli uomini. L'uomo non può pretendere la forza fisica del leone; e neppure può pretendere di eguagliare la saggezza di Dio. Perché no d'altronde? Non esiste dunque una via che permetta all'uomo di superare i limiti della sua umanità? Di oltrepassarla?

  E' per dare una risposta a questa speranza fondamentale che il Budo ha prodotto il “waza”. Si può definire il waza come un'arte, come una specie di super-tecnica trasmessa dal maestro al discepolo, che permetta di imporsi agli altri uomini e di elevarsi al disopra di essi. Il waza del Budo giapponese risale all'epoca storica dei Samurai. E' un potere che supera la forza propria di un individuo.

  Quanto allo Zen, ha creato una super-tecnica che non solo dà forza fisica e mentale, ma apre anche la via della saggezza, la via di una saggezza simile a quello di Dio o di Budda. E’ lo Zazen: un allenamento a sedersi nella postura tradizionale, un allenamento a camminare, a reggersi in piedi, a respirare correttamente; una disposizione mentale o stato di coscienza “Hishiryo”, un'educazione profonda ed originale.

   Il Budo è la via del guerriero. Esso riunisce l'insieme delle Arti Marziali giapponesi. Il Budo ha approfondito in maniera molto diretta le relazioni esistenti fra l'etica, la religione e la filosofia. Non c'è stata relazione con lo sport. Gli antichi testi che gli sono consacrati riguardano l’educazione mentale e la riflessione sulla natura dell'ego.

  In giapponese, Do significa Via. Come praticare questa Via? Con quale metodo possiamo ottenerla? Non è solo una tecnica, un Waza, e ancora meno una competizione sportiva. Il Budo include delle Arti come il Kendo, il Judo, l'Aikido e il Kyudo (tiro con l'arco).

  Il Kanji Bu significa: fermare, arrestare la lotta. Perché, nel Budo, non si tratta solamente di concorrere. Do è dunque la via, il metodo, l'insegnamento per comprendere perfettamente la natura del proprio spirito, del proprio ego. Il Buddismo non è un sistema come gli altri “ismi”. E' la via del Budda, il “Butsu Do”, per comprendere realmente la propria natura originale, svegliarsi dal sonno dell'ego addormentato e raggiungere la più alta e la più totale delle personalità. In Asia, questa via è diventata la morale la più elevata e l'essenza di tutte le religioni e di tutte le filosofie. Per esempio, lo yin e lo yang del I-King ovvero: "L'esistenza è nulla” di Lao Tsu.

  Che cosa significa? Dimenticare il proprio corpo e la propria mente è lo spirito assoluto, il non-ego. Armonizzare, fondere il Cielo e la Terra. Lo spirito interiore lascia passare i pensieri e le emozioni. E' completamente libero da quanto lo circonda. L'ego è  abbandonato. Tale è la sorgente delle filosofie e delle religioni dell'Asia. La mente e il corpo, l'esteriore e l'interiore, la sostanza e i fenomeni queste coppie non sono né dualistiche né opposte, ma formano un’unità senza separazione. E' la differenza che esiste in rapporto al dualismo della filosofia e della teologia europea. Un cambiamento qualsiasi influenza tutte le azioni, tutte le relazioni fra tutte le esistenze. La soddisfazione o l'insoddisfazione di un individuo influenzano tutte le altre persone. Le nostre azioni personali e quelle degli altri sono in relazione d'interdipendenza. "La tua felicità deve essere la mia felicità, e se tu piangi, io piango con te. Quando tu sei triste, mi fai diventare triste, e quando tu sei felice io pure devo esserlo”. 

  Nel corso della storia orientale, da 5.000 anni, la maggior parte dei saggi e dei filosofi si sono concentrati su questo spirito, su questa via. Lo “Shin Jin Mei”, libro molto antico di origine cinese, dice: “Shi Do Bu Nan... ” la via più alta non è difficile, ma non bisogna scegliere. Non bisogna avere né gusto né disgusto. Il “San Do Kai”, dice anche: “C'è una separazione come tra una montagna ed un fiume se avete delle illusioni”.

  Lo Zen significa lo sforzo dell'uomo che pratica la meditazione, lo Zazen. Sforzo per raggiungere il dominio dei pensieri senza discriminazione, la coscienza aldilà di tutte le categorie, inglobando tutte le espressioni del linguaggio. Questa dimensione non può essere raggiunta senza la pratica dello Zazen.

  La fusione del Buddismo e dello Scintoismo ha permesso la creazione del Bushido, la via del Samurai. Si può riassumere questa via in sette punti essenziali: 

1. Gi: la decisione giusta, nell'equanimità, la disposizione giusta, la verità. Quando dobbiamo morire, dobbiamo morire.

2. Yu: la bravura con un tocco di eroismo.

3. Jin: l'amore universale, la benevolenza verso l'umanità.

4. Rei: il giusto comportamento, che è un punto fondamentale.

5. Makoto: la sincerità totale.

6. Meiyo: l'onore e la gloria.

7. Chugi: la devozione, la lealtà.

  Sono i sette principi dello spirito del Bushido. La Via del Samurai è imperativa ed assoluta. La pratica che viene dal corpo attraverso l'incosciente è fondamentale. Da qui la grandissima importanza attribuita all'educazione. Il Bushido è diventato una pratica senza per questo essere una filosofia. Bu: Arti Marziali. Shi: il guerriero.

  Le influenze fra il Bushido, lo Scinto e il Buddismo sono state reciproche. In seguito, lo Scinto è divenuto patriottico e mitico. Ma il Buddismo ha segnato il Bushido per cinque aspetti:

a) l'acquietamento dei sentimenti.

b) l'obbedienza tranquilla di fronte all'inevitabile.

c) la padronanza di se stessi in presenza di qualsiasi avvenimento.

d) l'intimità maggiore con l'idea della morte che con quella della vita.

e) la povertà pura.

  Prima della seconda guerra mondiale, il Maestro Kodo Sawaki teneva delle conferenze ai più grandi maestri delle Arti Marziali, alle più alte autorità del Budo. In francese, si dice le Arti Marziali, le Arti della guerra; ma in giapponese, è la Via.

  In occidente, queste Arti Marziali sono diventate uno sport, una tecnica senza lo spirito della Via. Nelle sue conferenze, Kodo Sawaki diceva che lo Zen e le Arti Marziali hanno lo stesso stile e sono un’unità. Nello Zen, come nelle Arti Marziali, l'allenamento è importantissimo. Per quanto tempo bisogna allenarsi? Molta gente mi ha chiesto: "Per quanti anni è necessario che io faccia Zazen?" E io rispondo: "Fino alla vostra morte". Allora i miei interlocutori non sono molto soddisfatti. Gli Europei vogliono imparare rapidamente, alcuni persino in un solo giorno. "Sono venuto una volta e ho capito", dicono! Ma il Dojo è diverso dall'università. Nel Budo pure, bisogna continuare fino alla morte.

  Si possono tuttavia distinguere tre periodi:

  Primo periodo o SHOJIN. E' necessario, all'inizio un periodo di pratica con la volontà e la coscienza. Nel Budo, come nello Zen, questo periodo dura all'incirca da tre a cinque anni e talvolta più di dieci anni. Durante più di dieci anni bisognava continuare la pratica dello Zazen con la volontà. Ma ora accade che, dopo tre o cinque anni il maestro accordi lo Shiho. Praticare un'ora ogni tanto non è sufficiente. Durante questi tre anni è necessario vivere in un tempio e seguire delle Sesshin.

  Tuttavia, nel Giappone attuale, lo Shiho è trasmesso da padre in figlio e non è più che una specie di formalismo. E' la ragione per la quale il vero Zen è declinato e il vero maestro non esiste più in Giappone. La maggior parte delle persone devono andare nei templi autorizzati come Eihei-ji o Soji-ji. Ce ne sono in tutto una dozzina in Giappone ma Eihei-ji è il più importante. Prima, bisognava trascorrere tre anni a Eihei-ji prima di ricevere lo Shiho. Ma ora è sufficiente un anno o tre mesi, o persino una Sesshin per poter diventare monaco.

  Chi è maestro nella nostra epoca? Questa domanda è molto importante. Chi è il vostro maestro? La maggior parte dei monaci giapponesi risponderebbe a questa domanda: "Mio padre". Delle persone come me, che sono discepolo di Kodo Sawaki, sono dei veri maestri. Sono ora quaranta anni che continuo a seguire l'insegnamento del mio maestro. Il dojo di Kodo Sawaki non era come quello di Eihei-ji; era senza formalismo. Kodo Sawaki diceva sempre: "Il mio dojo è un dojo ambulante". Si recava di tempio in tempio, dalla scuola all'università, all'officina e alcune volte persino nelle prigioni. Il primo periodo, Shojin, è dunque il periodo di allenamento per la volontà e lo sforzo coscienti.

  Il secondo periodo è il tempo della concentrazione senza coscienza, dopo lo Shiho. Il discepolo è in pace. Egli può diventare realmente l'assistente del maestro. Successivamente, egli potrà diventare maestro ed insegnare a sua volta agli altri.

  Nel terzo periodo, lo spirito raggiunge la vera libertà. Dopo la morte del maestro si è un maestro completo. Ma evidentemente, non bisogna né attendere né augurare la morte del maestro pensando all'ora di essere libero.

  Questi tre periodi sono identici sia nello Zen che nel Budo.

  Nella storia dello Zen Rinzai, di cui ho fatto l'esperienza, il caso del Maestro Bodhidharma, quello del Maestro Eno (Houei Neng, in cinese), del Maestro Basso, del Maestro Rinzai (Lin-Tsi, in cinese)... sono tutti diversi.

  Perché: Bodhidharma si è concentrato unicamente sullo spirito. Per nove anni egli si è domandato: “Che cosa è il nostro spirito?” E ciò è divenuto lo Zen.

  In seguito, Eno ha un po' cambiato. Egli contemplò lo spirito, scoperse ciò che è e l'insegnò. Eno ebbe numerosi discepoli: fra essi Seigen e Nangaku che divennero i capo fila del Soto e del Rinzai.

  Poi ci furono Nanyo Echu e Kataku Jinne come discepoli di Eno. Echu divenne il maestro dell'imperatore. Jinne andò nella capitale del nord della Cina e divenne celebre. Ma la sua comprensione dello Zen fu molto intellettuale. La discendenza di Echu e quella di Jinne si sono estinte.

  Come voi sapete, Genkaku Yoko, l'autore del “Shodoka” era anche un discepolo di Eno. La sua discendenza si è ugualmente estinta. Ma ci resta il suo libro, lo “Shodoka”.

  In seguito, il Maestro Basso si servì dello spirito. Come? Concentrandosi sulla sua efficacia.

  Poi venne Rinzai, il cui maestro era Obaku (Houang-Po, in cinese). All'inizio, Rinzai non era un monaco Zen. Aveva studiato molto Lao-Tsu ed il Buddismo. Divenne discepolo di Obaku e continuò solamente la pratica dello Zazen. Tutti i discepoli dovevano andare nella camera del maestro dopo lo Zazen ed avere con lui un mondo. Rinzai non ci andava perché era timido ed aveva paura. Egli faceva Zazen in un angolo. Allora un giorno, un discepolo anziano gli disse: “Bisogna andare al mondo, nella camera del maestro altrimenti tu non potrai mai ricevere lo Shiho”. Rinzai obiettò: “Io non ho alcuna domanda da porre”. Il monaco anziano gli disse: “Domandagli che cos’è l'essenza del Buddismo”.

  Allora, un giorno egli andò a prostrarsi in sampai davanti al maestro Obaku. Tremava di paura e di timidezza. Fece la sua domanda: “Che cosa è l'essenza del Buddismo?” Subito, il Maestro gli somministrò una serie di trenta colpi di bastone sulla spalla e sulla testa. Rinzai fu sorpreso e terrorizzato. Era come la spada, il Kendo. Ma non fuggì. Da questa epoca, i trenta colpi di bastone sono diventati qualche cosa d'importante. In fine, Rinzai uscì molto scontento! Il monaco anziano gli domandò: “Che cosa è successo? Il tuo viso è molto
scuro!
” Rinzai raccontò ciò che era successo. Il monaco anziano gli disse: “No, no, tu devi ritornare al mondo!”.

  Rinzai tornò dunque nella camera del maestro e ripropose la stessa domanda. Obaku lo picchiò ancora più forte cinquanta volte! Rinzai, completamente sfinito non capiva. Egli pensò: “Questo maestro è completamente matto, io devo cambiare.” Interrogò il monaco anziano che gli disse: “Fai quello che vuoi, tu puoi andare a trovare un altro maestro, ma non va bene cambiare maestro”.

  Però, in definitiva, andò a trovare un altro maestro, Daigu. Daigu gli disse: “Come ti ha educato Obaku”? Rinzai rispose: “E' completamente matto e non è un vero maestro. Non è né forte né autentico”. Il maestro disse: "No, no, non bisogna né criticare né aver paura. Egli è un vero maestro. Se ti picchia, picchialo a tua volta. Tu lo devi seguire esattamente”.

  Allora, Rinzai ritornò. Il maestro Obaku gli domandò: “Bene qual’é l'essenza del Buddismo? Come era l'altro Dojo? Hai compreso l'essenza del Buddismo?” Allora Rinzai si alzò: “Sì, l'ho compreso! E' così!” E assestò tre pugni sul viso del suo maestro emettendo un Katsu con voce forte, inconsciamente, Obaku sorrise e disse “Hai capito!” E gli diede lo Shiho.

  Voi avreste potuto picchiarmi! Una volta ho dato un vigoroso “Rensaku” al mio discepolo Mr. M.. Ma egli fuggì, non aveva forza. E soprattutto egli aveva sempre qualche idea cosciente di battersi o di vincere. In seguito, Rinzai simpatizzò con lo spirito di Bodhidharma, Eno e Jinne, riconoscendo lo spirito di Eno e la sua utilizzazione rispettivamente per l'intelligenza di Basso e di Jinne. Egli era un vero essere umano, colui che comprende l'umanità.

  Tra i Koan Rinzai del “MU MON KAN” (la porta senza porta) il settantesimo è molto celebre. E' un Koan del Maestro Echu, discepolo di Eno, morto nel 755. Egli era celebre non solamente come maestro Zen ma come Maestro nazionale. Un giorno chiamò dalla sua camera uno dei suoi discepoli che si trovava in un'altra stanza. Lo chiamò per nome con voce forte: “Hoshin!” - “Si”, rispose costui. Lo chiamò una seconda volta: “Hoshin!” – “Si”, rispose ancora. Nuovamente chiamò: “Hoshin!” – “Si” rispose quest'ultimo. Queste tre chiamate, questi tre "Hoshin”, da sole costituiscono un immenso Koan. Sentendolo, nessuno ha capito. Di che si tratta precisamente? Solamente tre volte:

- “Hoshin” - Sì, sì.

- “Hoshin” - Sì, sì.

- “Hoshin” - Sì, sì.

  Perché questo è un grandissimo Koan? Se qualche discepolo pensa come di seguito, non lo è. Prima reazione: “Sì, maestro. Sono molto occupato, proprio in questo momento”. Seconda reazione: “Sì, maestro, pensando: è la seconda volta che mi chiama ma io sono occupato”. Terza reazione: “Sì, maestro. Desidera del the?

  Così, non è un Koan. Affatto. Il Koan deve decidere definitivamente della vita e della morte. Come bisogna vivere veramente? “In effetti, io non avevo bisogno di lei. La mia chiamata non era necessaria. Non valeva la pena rispondere tre volte”. Ma queste tre chiamate sono importantissime. Maestro e discepolo divennero intimi. Tutti e due avevano capito in un grande combattimento.“Hoshin!” “Si”. “Hoshin!” “Si”. “Hoshin!” “Si” (Satori). Nello Zen Rinzai, questi tre “Hoshin” sono scritti con caratteri eleganti sulla porta per ndicare la camera del segretario: Hoshin San.

  Il Maestro Takuan, che ha educato numerosi samurai nel Giappone, ha scritto nelle sue note su “Il segreto misterioso del non-ovimento” Fu-Do Shinmyo Roku: "Che cosa è il non-movimento? Che cosa è il segreto del Budo? E' come il maestro che chiama “Hoshin!” La risposta deve venire nell'istante stesso, senza alcuna attesa. Certi aspettano sempre un minuto prima di agire. Il segreto dello Zen è: non aspettare. Non differire.

  Il professor Herrigel ha studiato molto profondamente lo Zen, ma era un professore europeo di filosofia scientifica, ed infine non comprese completamente il vero Zen. Egli analizzò questo Koan da filosofo tedesco di filosofia generale con il metodo dialettico. Il primo “Hoshin”: Sì, sarebbe la tesi. Il secondo “Hoshin”: Sì, sarebbe l'antitesi. Il terzo “Hoshin”: Sì, Si ho compreso, dice il discepolo, sarebbe la sintesi. Questo metodo dialettico non è tanto profondo.

  Nel Budo, l'intuizione, il pensiero e l'azione sono tutt'uno avvengono in un solo istante. Non c'è nessun tempo d'attesa. Durante un combattimento, se uno degli avversari si lascia turbare da un pensiero, egli sarà ucciso e dovrà morire nello stesso istante. Nella vita quotidiana, prima si pensa poi si agisce. All'inizio “Hoshin!” “Si” “Capito”. Di nuovo “Hoshin!” “Ah! Capito”. Ancora “Hoshin!” “Che cosa vuole, Maestro?” “Non occorre che venga, è finito. Io l'ho chiamata e lei ha semplicemente risposto”. Queste tre chiamate sono importantissime.

  Ecco la ragione per la quale la porta di un tempio Zen, l'unica porta, è chiamata Sanmon, che significa: tre porte da passare. San: 3, Mon: porta.
 


Segreto del Budo, segreto dello Zen. 

  Un giorno, un samurai, grande maestro di spada, volle ottenere il segreto del Kendo, della scherma. Era l'epoca Tokugawa. A mezzanotte, egli andò al santuario di Kamakura, salì i numerosi gradini che ivi conducevano e rese grazie al dio del luogo, Hachiman. Hachiman in Giappone è un grande bodhisattva diventato il protettore del Budo. Il samurai gli rese grazie. Ridiscendendo i gradini a mezzanotte, egli sentì sotto un grande albero la presenza di un mostro di fronte a lui. Per intuizione, sguainò la spada e in un istante lo uccise. Il sangue sgorgò e colò sul terreno. Egli l'aveva ucciso inconsciamente. Il Bodhisattva Hachiman non gli aveva rivelato il segreto del Budo. Ma, sulla strada del ritorno, egli comprese.

  L'intuizione e l'azione devono scattare nello stesso tempo. Non c'è posto per il pensiero nella pratica del Budo. Non c'è un solo secondo per pensare. Quando si agisce, l'intenzione e l'azione devono essere simultanee. Se si dice: “Il mostro è là, come ammazzarlo?”, se si esita, il cervello entra in movimento. Ora, il cervello frontale, il talamo e l’azione devono essere identici, nello stesso modo in cui il riflesso della luna sul corso d'acqua non sta fermo, mentre la luna brilla e non si muove.

  Nello Zazen avviene la stessa cosa. E' la coscienza “Hishiryo”. Quando io dico, durante lo Zazen “Non muoversi, non muoversi”, questo significa, in effetti, di non fermarsi su un pensiero, lasciare passare i pensieri. Restare in perfetta stabilità significa in realtà non restare. Non muoversi significa in realtà muoversi, non dormire! E' come una trottola che gira. Si può considerarla immobile perché è in piena azione. Ma quando essa parte all'inizio e quando rallenta alla fine, si può vedere il suo movimento. Così la tranquillità nel movimento è il segreto dello Zen, del Budo, del Kendo, della via della spada.

  Dopo il segreto del Kendo, esaminiamo il Judo. Ju: dolcezza, Do: via. E' dunque la via della dolcezza (dell'agilità). Il Maestro Kano ne fu il fondatore dopo la rivoluzione Meiji. I samurai imparavano lo Yawara, la tecnica della dolcezza. Mio nonno era un grande maestro di Yawara, e, quando era giovane, l'insegnava ai samurai di Kyushu. In Giappone, i samurai dovevano imparare le Arti della guerra e quelle della vita civile. Essi dovevano studiare il Buddismo, Lao Tsu, Confucio e nel medesimo tempo imparare il Judo, l'equitazione, il tiro con l'arco. Nella mia infanzia, io imparai lo Yawara con mio nonno paterno. Mio nonno materno era medico di medicina orientale. Ho capito allora che le Arti Marziali e lo Zen hanno un solo sapore e che la medicina orientale e lo Zen sono un’unità.

  Kodo Sawaki tenne delle conferenze sullo Yawara. Il segreto dello Yawara è “Kyu Shin Ryu”, “Dirigere lo spirito”. Come dirigere il nostro spirito? Questo riguarda lo Zen e non la tecnica delle Arti Marziali. Le Arti Marziali più lo Zen sono il Budo giapponese. Come educare il nostro spirito ed imparare a dirigerlo? Kodo Sawaki parlava di “Kyu Shin Ryu” il segreto del Yawara, trasmesso tradizionalmente da detta scuola in un documento di cui un capitolo tratta dello spirito tranquillo. Ecco questo capitolo:

  “La vera tecnica del corpo, il waza di questa scuola di Yawara, deve essere la sostanza dello spirito. La sostanza è lo spirito. Non bisogna guardare il corpo dell'avversario, ma bisogna dirigere il nostro spirito. Non ci sono nemici. Lo spirito è senza forma, ma alcune volte può averne una: ciò è identico nello Zazen! Alcune volte si può afferrare il nostro spirito, ma alcune volte, è impossibile. Quando l'attività dello spirito riempie il cosmo, che è lo spazio compreso fra il cielo e la terra, e quando noi sappiamo afferrare la fortuna che si presenta, allora noi possiamo disporre di tutti gli avvenimenti che possono cambiare, evitare tutti gli incidenti e attaccare le diecimila cose in una sola”. 

  Senza commento, è un po’ difficile da capire. Infatti, è Zen e non Arti Marziali, ma coloro che hanno praticato profondamente il Judo comprendono questo. In quel tempo Kodo Sawaki si serviva anche del “Shobogenzo” e del “Genjo Koan” che io ho pubblicato nel “I Shin Den Shin”. Genjo: reale. E' il Koan di qui ed ora. La vera verità. “La vera verità è il fenomeno. Il fenomeno è la verità. La verità è la realtà. La realtà è la verità”. E' analogo al “Shiki Soku ze ku.Ku Soku ze shiki”.

  Nel “Genjo Koan” è detto: “Quando un uomo s'allontana in barca dalla riva, egli s'immagina che la riva sia in movimento. Ma se abbassa lo sguardo vicinissimo alla sua imbarcazione, egli si rende conto che è questa che si sposta”. Infatti, se noi guardiamo attentamente, intimamente, all'interno della barca si può comprendere che è la barca che si sposta e superare l'illusione dei sensi. Così, quando gli uomini considerano tutti i fenomeni di tutte le esistenze, attraverso le proprie illusioni ed i propri errori, possono sbagliarsi e pensare che la loro natura originale è dipendente e immobile. Ma se divengono intimi con il loro vero spirito, ritornano alla natura originale, ed allora comprendono che tutti i fenomeni, tutte le esistenze sono in loro stessi, e che lo stesso vale per tutti gli esseri”. Questo capitolo è breve, ma è molto importante. E' l’essenza dello Zen, dello Zazen.

  La natura originale dell'esistenza non può essere realmente afferrata dai nostri sensi, dalle nostre impressioni. Quando noi la afferriamo con i nostri sensi, la materia oggettiva non è reale, essa non è vera sostanza ma è pura immaginazione. Quando crediamo di capire che la sostanza del nostro spirito è tale, è un errore. Ciascuno è diverso. Le forme e i colori sono gli stessi, ma ciascuno li vede differentemente attraverso le sue illusioni: illusioni della memoria, illusioni fisiche, illusioni del tempo e dello spazio, illusioni del campo fisiologico.

  Alcune volte, il mondo della propria esperienza, della coscienza personale è ingannato dal mondo reale della coscienza in condizione normale. In questo caso, non è un errore ma un'illusione psicologica. Tutti questi problemi della nostra vita quotidiana troveranno una soluzione dopo venti, trent’anni e, al momento di entrare nella nostra bara essi saranno risolti.

  Il tempo è la miglior soluzione ai problemi di denaro o d'amore. Quando entrerete nella bara, nessuno vi amerà più: tranne forse di un amore spirituale! I problemi difficili sono differenti per ognuno e ognuno ha bisogno di un mezzo diverso per risolvere i suoi problemi. E' necessario creare i nostri propri metodi. Se si imita, si sbaglia. Bisogna creare da se stesso.

   Voi ed io siamo diversi. Se non si può trovare una soluzione alla propria vita, questa va a finire in un vicolo chiuso! Qui ed ora come creare la nostra vita? Un film si svolge, se lo si ferma l'immagine diventa fissa, immobile. Le Arti Marziali e lo Zen hanno in comune la creazione e la concentrazione dell'energia. Concentrandosi “qui ed ora” ed esternando la vera energia del nostro corpo, si può osservare e ricaricarsi. Quando si apre la mano, si può ottenere tutto. Se si chiude la mano, non si può ricevere nulla.

  Nelle Arti Marziali bisogna penetrare gli elementi, i fenomeni e non passargli accanto. Le Arti Marziali sono dunque essenzialmente virili, perché l'uomo penetra la donna. Alla nostra epoca, tutti vogliono economizzare la propria energia e vivono a metà. Si è sempre incompleti. La gente vive a metà, tiepida come l'acqua del bagno. Come penetrare la vita? E' Zazen e kin hin.

  Così, il segreto del Yawara, è di imparare a dirigere lo spirito, Ryu Gi. E' la direzione delle tecniche corporali del “Kyu Shin Ryu”. Lo spirito deve diventare la sostanza. Lo spirito è la sostanza, senza forma, ma alcune volte c'è una forma. Tuttavia l'attività dello spirito riempie il cosmo. Quando l'attività dello spirito riempie il cosmo intero, esso coglie le occasioni, ha una probabilità d'evitare gli incidenti e può affrontare diecimila cose in una sola. Questo significa che durante un combattimento, il nostro spirito non deve essere influenzato da nessun movimento dell'avversario, da nessuna delle azioni del suo corpo e del suo spirito. Il nostro spirito deve dirigersi liberamente, non avere la speranza di attaccare l'avversario né cessare di starci attento. Si deve essere completamente attenti in ogni istante.

  Ecco una storia: “Un giorno, su una strada, un judoka ed un operaio si battevano. Erano molto forti entrambe. Il judoka riuscì a trovarsi sopra il corpo del suo avversarlo e tentò di strangolarlo. Gli occhi dell’operaio si rovesciarono. Ma sotto la sua mano trovò i testicoli dell’avversario, e li strinse fortemente. In quel momento, c'erano due strangolamenti: quello del collo e quello dei testicoli; l'uno in alto, l'altro in basso. Essi lottarono ma il judoka non poté resistere e fu l'operaio che vinse”. Costui aveva creato una tecnica di combattimento. Il Judoka che conosceva solo la tecnica, non ha potuto creare.

  Nella nostra vita è la medesima cosa. Certe persone non pensano che al danaro, perché permette di soddisfare qualunque esigenza. Allora per il danaro certe persone perdono l'onore. Altri non desiderano che gli onori, perdono il danaro. Certi si concentrano solo sull'amore, perdono il danaro e l'energia. La nostra felicità non esiste da un solo lato. Noi dobbiamo creare. Non è necessario credere nel destino né di seguire il destino scritto nelle stelle.

  “Il riflesso della luna nel fiume è sempre in movimento. Però, la luna esiste e non se ne va. Resta ma si muove”. E' un poema molto breve sul segreto dello Zen e delle Arti Marziali, e un grandissimo Koan.

  La corrente dell'acqua non torna mai indietro. L'acqua passa, passa... ma la luna non si muove. Durante un combattimento, lo spirito deve essere come la luna, ma il corpo ed il tempo passano, passano, passano come la corrente. L'istante presente non ritorna mai.

  Durante Zazen, ciascuna delle nostre inspirazioni e nostre espirazioni è unica e non ritorna mai. E' possibile respingere la propria respirazione, ma quella di adesso non è quella di prima. La respirazione seguente non è mai come la precedente, ieri era ieri, oggi è oggi. E' diverso. lo dico sempre che noi dobbiamo concentrarci “qui ed ora”, creare, “qui ed ora”. Così si diventa “fresco”, nuovo. Lo Zazen di ieri non era il medesimo di oggi. Lo Zazen deve essere sempre fresco “qui ed ora”. Voi non dovete riposarvi durante lo Zazen. Farlo a metà non va bene. Bisogna farlo a fondo, domarsi totalmente. Noi non dobbiamo avere una briciola d'energia di riserva. Concentrarsi significa l'uscita completa, lo scarico totale dell'energia.

  Nel mondo moderno, i giovani in particolare, vivono a metà e sono a metà morti. Essi hanno una sessualità incompleta. E durante il loro lavoro o durante lo Zazen, essi pensano al sesso, e viceversa; e così succede in tutti gli atti della vita. Se si scarica totalmente la propria energia, si può assorbire dell'energia fresca che scorre come la corrente dell'acqua.

  Durante un combattimento, se si risparmia un residuo di energia, non si può vincere. E' il segreto delle Arti Marziali. Noi non  dobbiamo dipendere dai waza, dalla tecnica. Bisogna creare. Se un uomo ricco dà del danaro a suo figlio, questi non imparerà a guadagnarne. E, viceversa, il figlio di un uomo povero saprà crearsi il metodo per procurarsene.

  Le Arti Marziali non sono né teatro né spettacolo. Non è questo il vero Budo. Il segreto delle Arti Marziali, diceva sempre Kodo Sawaki, è che non vi è né vittoria né sconfitta. Non si può né vincere né essere vinti!

  Lo sport e le Arti Marziali sono diversi. Nello sport, c'è il tempo. Nelle Arti Marziali, non c'è che l'istante. Per esempio, nel baseball, il “battitore” attende la palla, egli ha il tempo, l'azione non si produce nell’istante. E la stessa cosa nel tennis, rugby, calcio e tutti gli altri sport. Il tempo scorre e permette di pensare a qualche cosa, per un breve istante, nell'attesa!

Nelle Arti Marziali non c'è tempo d'attesa. La vittoria o la non vittoria, la vita o la non vita, si decidono in un istante. Bisogna vivere nell'istante: è lì che la vita e la morte si decidono totalmente.

  Concentrarsi sull'espirazione. Questo porta l'energia verso il basso del corpo e della colonna vertebrale, produce un rilassamento restituendo forza. Nell'istante vivere o morire! E' la stessa cosa durante lo Zazen. Non dovete fare Zazen a metà. Dovete concentrarvi totalmente. Non si può tornare indietro sulla propria respirazione. Così, il vero Zazen diventa completamente fresco. Se voi lo fate completamente, Zazen è più difficile delle Arti Marziali. Ma se lo ripetete tutti i giorni, diviene Dokan, l'essenza, la ripetizione. Nello Zazen anche si ripete per vivere o morire!

  Il Budo giapponese si è sviluppato in relazione diretta con l'etica, la filosofia e la religione, e senza nessun rapporto con lo sport. Così, tutti i vecchi testi sugli antichi Budo che ci sono stati trasmessi non parlano che della cultura intellettuale e mentale, e della riflessione sull'ego. Essi spiegano e insegnano la tecnica profonda della via. Come fare per praticarla?

  Do, che in giapponese significa la "via", non è solo una tecnica, un waza. Do significa smettere di concorrere, Kendo, Judo, Aikido, Kyudo: tutto questo è il Budo. Il Kanji Bu, quando lo si analizza, significa fermare la spada, fermare il combattimento. La cerimonia del the si chiama anche “Chado”. L'Ikebana, sistemazione dei fiori, è il “Kado”. La calligrafia è “Shodo”. Il profumo, il legno profumato di sandalo che si consuma, è “Kodo”. Kodo Sawaki amava molto il Kodo. Egli aveva lo stesso nome. 


  Do, la Via, significa il metodo, l'insegnamento per l'ego, vale a dire capire in profondità il proprio spirito. Il Buddismo, è Butsudo in giapponese, ciò significa la via di Budda, scoprire realmente la propria vera natura, la propria natura originale. Ciò significa anche armonizzare con tutti i cieli e la terra e che lo spirito interiore sia completamente libero. E' abbandonare il proprio egoismo.

  Nel "San Do Kai" (l'unione dell'essenza e dei fenomeni), di Sekito Zenji, (700-790), è detto, sulla Via: "Non c'è né maestro del nord. né maestro del sud”. E nel “Hokyo Zan Mai”, il "Samadhi dello specchio prezioso” significa l'essenza della Via. "Sho Do Ka” (il Libro di Yoka Daichi (649-713) discepolo di Eno), questo vuol dire: garantire la via. Sho: garanzia, Do: via, Ka: canto. E' dunque il canto che garantisce la via.

  Lo Zen, portato dall'India in Cina da Bodhidharma, ha divulgato il Buddismo Mahayana in Cina. Esso si è sviluppato fondendosi con il pensiero cinese per diventare la vera via. Oggi in Cina il Buddismo non esiste più, ma Do è diventato un costume. Persino Mao non ha potuto troncare con il Do. “Do Kyo” è l'insegnamento della via, ed ha continuato fino ad oggi. E lo Zen, in Giappone, si è sviluppato ancora più profondamente. “Shin-To”, è “Shindo”, la via di Dio. Ma lo Zen e la Via sono la stessa parola e la stessa cosa. Così, quasi tutti i grandi maestri Zen dicono Do e non Zen. Essi non adoperano la parola Zen.

  Un celebre professore giapponese Yamada Soko (1622-1685), ha parlato della via dei Samurai. Ha voluto accrescere la loro cultura e ha divulgato un insegnamento speciale: “Se un Samurai vuole avere delle responsabilità in politica, se vuole dirigere dei laici e diventare il loro capo, deve realizzare la Via. Così il Samurai non deve essere solamente un guerriero, ma deve, oltre al Budo, ricevere una cultura intellettuale sulla letteratura, il Buddismo, la filosofia cinese e lo Shindo, la Via degli dei”.

  Il Bushido era l'essenza dell'educazione giapponese che è finita dopo la guerra. lo ho ricevuto questa educazione. I professori del Bushido davano un'educazione nello stesso tempo militare e civile. E' Bun Bu Ryodo, la doppia Via. E' come le ali degli uccelli o le ruote di una vettura. Entrambe sono necessarie come il femminile e il maschile. La letteratura, la filosofia, la poesia, la cultura intellettuale sono la parte femminile e il Budo, l'arte militare quella maschile. Bisogna che ci sia sempre un'armonia fra i due elementi. Essi non possono esistere soli, separatamente.

  Non è un dualismo, ma un’unità. Non è solo una conoscenza, un sapere, è la via della saggezza. E' per questa via che il saggio deve dirigere i civili. E' la ragione per la quale la maggior parte dei Samurai deve allenarsi alla virtù. Essi devono avere delle qualità nobili, coltivare una personalità nobile, studiare la storia delle civiltà e realizzare la Via. Fino ad oggi, l'insegnamento di Yamada Soko non è stato dato che ad un’elite di monaci. Le altre persone non vi avevano accesso. Tutti i Samurai l'avevano studiata e la via dei Samurai era diventata popolare. I Samurai sono diventati celebri in Giappone e nel mondo. Lo Zen ne era diventato la fonte.

  Per quanto riguarda la cultura dei Samurai, della via interiore, profonda, che penetra lo spirito, Dogen ha scritto il “Ben Do Wa”. Ben: è lo studio, la comprensione. Do: la via. Wa: parlare. Ben Do Wa è capire mediante i discorsi sulla Via. Ben Do è il primo libro dello “Shobogenzo”, è la regola di Eihei-ji. E' il metodo, l'insegnamento per comprendere la via. Come? Lo Zen non utilizza affatto le parole “Zen” o “Buddismo”; solamente Do.

  Come sapete, “Dai Chi Zenji”, l'autore del Sho Do Ka, pure non usa affatto la parola “Zen”, ma sempre “Via”. Il Ben Do Wa descrive che cosa è Zazen, l'essenza della Via. In seguito, egli spiega come praticare la Via. Nel Gakudo Joshinshu, la domanda è come studiare la Via? E' il libro dell'attenzione, della vigilanza. L'attenzione di colui che studia la Via.

  Nel “Genjo Koan” è detto: “Che cosa è la via di Budda?” E' studiare l'ego. “Che cosa è studiare l'ego?” E' dimenticare se stesso. “Che cosa è Bo Dai Shin? Che cosa è questo spirito di Bo Dai, del Satori?” E' la Via! “Non pensare. Non cercare. Non desiderare. Non conservare. Non ottenere. Non abbandonare”. Nel “Tendai” si dice che la Via, è seguire tutti i fenomeni, seguire la potenza cosmica, il sistema cosmico.

  Nelle Arti Marziali, la tecnica è diversa nel Judo, nel Kendo o nel tiro con l'Arco. Nello Zazen, concentrarsi sulla postura è un waza, come le Arti Marziali. Il waza è necessario, ma un judoka che impara solo il Judo non è un vero judoka. Nelle Arti Marziali, generalmente, la tecnica è necessaria durante dieci o venti anni. Ma, alla fine è la disposizione dello spirito la
cosa più importante, particolarmente nel Tiro con l'Arco. Tra lo spirito e il corpo, lo spirito e la postura, lo spirito e il waza, è la respirazione che stabilisce il legame. Infine, la postura e la respirazione diventano un’unità. La respirazione diventa il Ki, come il Ki d'Aikido. 


  Nel Budo, ci sono tre punti essenziali: la tecnica, l'abilità e il Ki (respirazione). Nello Zazen è molto facile realizzare l'unità dei tre, ma nel Budo, è più duro e bisogna concentrarsi sul waza. Nello Zazen, attraverso la postura, si può equilibrare la disposizione dello spirito e la respirazione. In un combattimento, si fa fatica ad equilibrare la propria respirazione perché ci sono molti movimenti. Nello Zazen, all’inizio della pratica, si incontrano delle difficoltà, ma in seguito si può facilmente trovare questo equilibrio fra la disposizione di spirito e la respirazione. All'inizio, bisogna utilizzare la postura coscientemente, volontariamente, pazientemente. Si fanno degli sforzi, si tende la nuca, ci si concentra volontariamente sull’espirazione. Dopo alcuni anni di pratica, ci si può concentrare inconsciamente. Nello Zazen, la postura ha un'influenza molto rapida, dall'inizio; non è come nel Budo dove solo dopo quattro o cinque anni, dopo il terzo Dan, ci si può concentrare solo sul waza.

  Dall'inizio, nello Zazen, la postura ha un’influenza sulla coscienza. In Cina, un discepolo di Lao Tsu, Mishotsu, ha scritto una storia interessante sul combattimento dei galli. “Un re desiderava avere un gallo da combattimento molto forte ed aveva incaricato uno dei suoi sudditi di educarne uno. All'inizio, costui insegnò al gallo la tecnica del combattimento. Passati dieci giorni, il re domandò: "Possiamo organizzare un combattimento con questo gallo?" Ma l'educatore disse: “No! No! No! Egli è forte ma questa forza è vuota, vuole sempre combattere, è eccitato e la sua forza è effimera". Dieci giorni dopo il re domandò all'educatore: "Allora, adesso possiamo organizzare questo combattimento?" "No! No! Non ancora. E' ancora appassionato, vuole sempre combattere. Quando sente la voce di un altro gallo, anche da un villaggio vicino, s'incollerisce e vuole battersi". Dopo altri dieci giorni di allenamento, il re domandò di nuovo: “Ed ora, è possibile?” l'educatore rispose: “Ora, non si appassiona più, se sente o vede un altro gallo, resta calmo. La sua postura è giusta ma la sua tensione è forte. Non si incollerisce più. L'energia e la forza non si manifestano in superficie".

  Il re domandò in fine: “Allora, siamo d'accordo per un combattimento?” L'educatore rispose: “Forse”. Si portarono numerosi galli da combattimento, e si organizzò un torneo. Ma i galli da combattimento non potevano avvicinarsi a questo gallo. Fuggivano spaventati! Perciò non ebbe bisogno di combattere. Il gallo da combattimento era diventato un gallo di legno. Aveva superato l'allenamento del waza. Aveva internamente una forte energia che non si manifestava in superficie.

  Se voi continuate lo Zazen, inconsciamente, naturalmente, automaticamente, voi potrete giungere al segreto del Budo. Non è necessario utilizzare una tecnica, praticare il Judo, l'Aikido, il Karate o la spada. Gli altri non si avvicineranno. Non sarà necessario combattere.

  La Via del Budo non è competizione o conflitto; essa è al di là della vita e della morte, al di là della vittoria e della sconfitta. E' la via della decisione o della vita e della morte. Il segreto della spada è di non sguainare la spada. Non bisogna fare uscire la spada perché se desiderate uccidere qualcuno, dovete morire. Bisogna uccidere se stessi, uccidere il proprio spirito. In quel momento gli altri hanno paura e fuggono. Si è il più forte e gli altri non si avvicinano. Non è dunque necessario vincere! Nella Bibbia c'è qualche cosa di analogo. Matteo ha scritto: "Se qualcuno vi colpisce sulla guancia destra, bisogna porgere la guancia sinistra”.

  Nello Zazen, concentrarsi sull'espirazione diventa il legame che equilibra la coscienza e la postura. Questa attività crea l'impulso equilibrante tra i muscoli, i nervi, l'ipotalamo ed il talamo. Se continuate lo Zazen, potrete ottenere ciò inconsciamente, naturalmente ed automaticamente.

  “Il riflesso della luna sull'acqua del fiume non si muove, non scorre. E' solamente l'acqua che passa”. Nello Zazen, non dovete fermarvi su un pensiero, il vostro pensiero non deve dimorare in nessuna parte. Lasciate passare i pensieri. Così potete trovare la sostanza dell’ego. All'inizio, se pensate con la vostra coscienza personale, dovete lasciare passare. Più tardi interviene il subcosciente, bisogna lasciare passare. E questo pure finisce.

  Così, alcune volte si pensa e alcune volte non si pensa. Dopo, lo spirito è puro come la luna, come il riflesso della luna che resta sull'acqua del fiume. Ma voi non dovete tagliare i vostri pensieri. Non è necessario durante lo Zazen di dirvi: “Io devo realizzare il riflesso della luna". Se si vuole spiegare la relazione tra lo spirito, la coscienza e il vero ego, è esattamente come la relazione tra la luna, il suo riflesso e l'acqua del fiume. Fare solo Zazen, “Shikantaza”. E' “Hishiryo”, Satori. Non si può comprendere ciò coscientemente. Se capite, vuol dire che non è vero. “L’ombra della luna sull'acqua non ha mai potuto essere afferrata da una mano”.

  Il maestro Takuan è molto celebre nello Zen e nelle Arti Marziali, soprattutto nel Kendo, la spada giapponese. Egli ha educato numerosi Samurai. Ebbe un discepolo molto celebre, il samurai Miyamoto Musashi. Egli ha usato la seguente espressione: “Fu Do Chi Shinmyo Roku”. Fu: all'inizio di una frase è la negazione come nel "Fushiryo”. Do: che non è il Do della Via, vuole dire muovere. Chi significa la saggezza. Shinmyo: misterioso. Roku: annotazione. Questo titolo significa: Annotazione misteriosa sulla saggezza immobile.

  La postura del Budo, senza movimento, è la postura del “Muso”, la non-postura. Budo, non è solamente non muoversi con il corpo ma anche non muoversi con lo spirito. E' lo spirito immobile. Che cos’è uno spirito immobile? Ho appena detto che lo spirito non deve restare, fermarsi su qualche cosa. E' vero e noi dobbiamo lasciare passare... Allora, è esattamente come: “Il riflesso della luna sull'acqua. La luna non si muove. Il riflesso della luna non si muove”. Se voi vi fermate su qualche cosa, ciò diventa illusione. E' come una trottola. All'inizio quando gira lentamente. si muove; poi in piena velocità, acquista stabilità e non si muove più. Infine, come un uomo che invecchia, riprende ad oscillare poi in fine cade.

  Il fiume scorre e cambia strada facendo. Ma la sostanza del nostro spirito, del nostro ego è esattamente come il riflesso della luna sull’acqua. Perciò. se non ci si ferma su un pensiero, se si lascia passare, la sostanza del nostro spirito è Fudo, senza movimento. Questa sostanza del nostro ego, del nostro spirito è Dio o Budda, lo spirito Zen, il Satori, “Hishiryo”.

  Perciò nelle Arti Marziali, anche se un Samurai è attaccato da una dozzina di avversari, egli può vincerli tutti. E' ciò che si vede nei film giapponesi. Per gli Europei questo non è possibile. In realtà; è possibile, non è teatro. Perché, dieci persone non possono attaccare tutti insieme la stessa persona nello stesso tempo, ma vengono una dopo l'altra. Quando un maestro di Judo è attaccato successivamente da dieci giovani allievi, il suo spirito cambia presto e si concentra presto sul nuovo avversario. Lo spirito del maestro è sempre in cambiamento. Non si ferma su una sola cosa o una sola persona. Egli lascia passare...


  Neanche il corpo resta. La sostanza dell'ego è “Fu Do Chi”, la saggezza immobile. Tra l’intuizione, la saggezza e l'azione del corpo c'è sempre unità. E' il segreto di Zazen e delle Arti Marziali. Come le Arti Marziali non sono uno sport, pure lo Zazen non è una specie di massaggio o di cura spirituale.

  Le Arti Marziali, all'inizio, erano un metodo per ammazzare la gente. La spada giapponese, il “Tachi” è una lunga spada; ma “Tachi” vuole anche dire “tagliare”. Nel Kendo, “Ken” è come Tachi; ciò vuole dire la spada; e anche “tagliare”, di modo che Kendo significa “la Via che taglia”. Certo il Kendo risale ai tempi preistorici del Giappone. Ma la vera scuola del Kendo è iniziata nel 1346. E' il Samurai Nodo che ha creato questa scuola. In seguito, nel 1348, venne Shinkage.

  All'inizio i Samurai volevano sempre ottenere dei poteri oggettivi, eccezionali e magici. Essi volevano essere capaci di non essere bruciati dal fuoco o di non essere schiacciati da una roccia... Allora allenavano il loro spirito in modo da ottenere poteri soprannaturali. Volendo ottenere questi poteri misteriosi essi avevano dunque un obbiettivo. In seguito lo Zen, e particolarmente il Soto Zen li ha influenzati. Per esempio, Miyamoto Musashi, che è stato il più grande maestro di Kendo in Giappone, era anche diventato un Saggio del Kendo. Egli diceva: “Si deve rispettare Dio e Budda ma non si deve dipenderne”. E' allora che il metodo, la via che aveva lo scopo di tagliare in due la gente, è diventato il metodo per tagliare il proprio spirito.

  E' la via dello spirito di decisione, di risoluzione, di determinazione. Ed è il vero Kendo giapponese, il vero Budo. Bisogna essere forte ed ottenere la vittoria grazie al proprio spirito di decisione. Essere al di là della Via. In questo modo diventa una vera via spirituale. All'epoca, questo non era uno sport, ma ai nostri giorni, e soprattutto in Europa, è diventato uno sport. E' un errore.

  Lo Zen non è un metodo di salute. Gli Europei vogliono sempre utilizzare le cose. Lo Zen non è così misero. Non è un “massaggio spirituale”. Il Kyosaku, è un buon massaggio per il cervello, le spalle o la fatica. Ma Zazen non è un massaggio. Il vero Kendo, il vero Zen, devono essere al di là della relatività. Ciò vuol dire: “cessare di scegliere, di selezionare un lato o l'altro nella relatività”. Prendere una sola decisione! L'essere umano è diverso dal leone o dalla tigre. Allora la via del Budo deve essere al di là della forza della tigre o del leone. Si diventa forte, ma si è al di là. La tigre o il leone vogliono essere forti, ma essi vogliono vincere, per istinto e per desiderio. Essi non pensano di abbandonare il loro ego. Ma gli esseri umani possono essere al di là dell'ego e della morte. Nel Budo, essi devono diventare più forti della tigre o del leone, abbandonare l'istinto animale insito nello spirito umano.

  Nel Giappone, duecento anni fa, prima dell'era Meiji, un maestro di Kendo, Shoken era stato tormentato da un grosso topo nella sua casa. Il titolo di questa storia è: “Il congresso delle Arti Marziali dei gatti”. “Nella sua casa, tutte le notti veniva un grosso topo e gli impediva di dormire. Egli era obbligato a dormire durante il giorno, ma c'era molto rumore anche in quelle ore. Allora si consultò con un amico che allevava dei gatti. Quell'amico era un ammaestratore di gatti. Shoken gli chiese: “Prestami il più forte dei tuoi gatti”. Gli prestò un gatto di grondaia che era rapidissimo e svelto ad acchiappare i topi. Le sue unghie erano fortissime ed i suoi balzi potenti! Ma quando entrò nella stanza, il topo fu più forte ed il gatto fuggì rapidamente. 


  Questo topo era veramente molto misterioso. Shoken ebbe in prestito un secondo gatto di color fulvo dotato di un Ki molto forte, di una fortissima attività e di un grande spirito combattivo. Questo gatto entrò nella stanza e combatté. Ma il topo ebbe il sopravvento, e il gatto scappò. Gli fu prestato un terzo gatto, era un gatto bianco e nero che non poté vincere neanche lui. Shoken chiese in prestito un quarto gatto, nero, non troppo forte, abbastanza intelligente ma meno forte del gatto di grondaia o del gatto tigrato. Era molto misero. Egli entrò nella stanza. Il topo lo guardò e si avvicinò. Il gatto, molto calmo, non si mosse. Allora il topo incominciò a dubitare. Egli si avvicinò ancora leggermente impaurito, e improvvisamente il gatto lo prese al collo, lo uccise e lo portò fuori dalla stanza.

  Dapprima, Shoken aveva cacciato a parecchie riprese questo topo con una sciabola di legno, e ne aveva ricevuto numerose ferite. Allora andò a consultare il suo amico. Egli disse: “Ho spesso cacciato questo topo con la mia sciabola di legno, ma fu lui a graffiarmi. Allora perche questo gatto nero ha potuto vincerlo?” Il suo amico gli rispose: “Bisogna organizzare una riunione ed interrogare i gatti. Voi rivolgerete loro delle domande poiché siete un maestro di Kendo. I gatti comprendono certamente le Arti Marziali”.

  Ebbe dunque luogo un'assemblea di gatti presieduta dal gatto nero che era molto anziano. Il gatto di grondaia disse: “lo ero molto forte”. Allora il gatto nero gli domandò: “Perché allora tu non hai vinto?” Il gatto di grondaia rispose: “lo sono molto forte, io possiedo molta tecnica per acchiappare i topi. Le mie unghie sono forti ed i miei balzi molto potenti, ma questo topo non era come gli altri”. Il gatto nero dichiarò: “La tua forza e la tua tecnica non possono essere al di là di questo topo. Anche se il tuo potere e il tuo waza sono molto forti, è diventata una competizione. Tu, dunque, non sei riuscito a vincere con la tua sola arte. Anche se tu sei più forte, non puoi vincere solo con il tuo potere e la tua tecnica. Ciò non è possibile!” 


  Allora il gatto tigrato parlò: “Io Sono molto forte, alleno sempre il mio Ki, la mia attività e la mia respirazione con lo Zazen. Mi nutro di verdura e di zuppa di riso, ecco perché la mia attività è molto forte. Ma non ho potuto vincere questo topo. Perché?” Il vecchio gatto nero gli rispose: "La tua attività ed il tuo Ki sono forti, ma questo topo era al di là di quel Ki. Tu sei più debole del grosso topo. Se sei attaccato al tuo Ki questo diventa una forza vuota. Se il tuo Ki è troppo improvviso, troppo breve. allora sei solo appassionato. Così si può dire. per esempio, che la tua attività è comparabile all'acqua che esce da un rubinetto, quella del topo è simile a quella di un potente getto d'acqua. Ecco perché la forza del topo è superiore alla tua. Anche se la tua attività è forte, in effetti, non è forte quanto quella. Tu confidi troppo in te stesso”. 

  Poi fu la volta del gatto bianco e nero che non aveva potuto vincere neanche lui. Egli non era molto forte, ma abbastanza intelligente. Faceva sempre Zazen. Egli aveva il Satori. Aveva superato tutti i waza e faceva solo Zazen. Ma non era “mushotoku”. Perciò anche lui aveva dovuto fuggire. Il gatto nero gli disse: “Tu sei molto intelligente e molto forte. Ma non hai potuto vincere questo topo poiché avevi una meta. E l’intuizione del topo era più grande della tua. Quando sei entrato nella stanza, egli ha subito capito la tua disposizione di spirito. E' per questo che non hai potuto trionfare. Non hai saputo armonizzare la tua forza, la tua tecnica e la tua attività, che sono rimaste separate invece di unificarsi. Mentre io, in un solo istante, ho utilizzato queste tre facoltà, inconsciamente, naturalmente ed automaticamente. E' così che ho potuto uccidere il topo. 

  Ma qui vicino, in un villaggio, conosco un gatto ancora più forte di me. E' molto vecchio e i suoi peli sono grigi. L'ho incontrato. Non ha affatto l'aria di essere forte! Dorme tutto il giorno. Non mangia mai carne, né pesce. solamente della guen mai... alcune volte prende un po’ di sake. Non ha mai acchiappato un solo topo, poiché tutti ne hanno paura e fuggono davanti a lui. Non gli si avvicinano. Perciò non ha mai avuto l'occasione di acchiappare un topo! Un giorno è entrato in una casa che ne era piena. Tutti i topi sono subito scappati e hanno cambiato casa. Gli altri avevano paura di lui ed egli non aveva mai bisogno di battersi. Perciò poteva persino cacciarli dormendo. Quel gatto grigio è veramente molto misterioso. Tu devi diventare così, essere al di là della postura, della respirazione e della coscienza. 

  Con lo Zazen, siete già al di là della postura, della respirazione e della coscienza. Nel Budo, “Sutemi” è molto importante. Sute: abbandono, Mi: corpo. Ciò significa “gettare il corpo, abbandonare il corpo”. Questo è vero non sono nel Karate ma nel Kendo, nel Judo e in tutte le Arti Marziali. Ci sono numerose scuole di Kendo: il Tai-Sha-Ryu, il Mu-Gen-Ryu, il Mu-Te-Ki-Ryu, il Mu-To-Ryu, il Shin-Jin-Ryu, il Ten-Shin-Ryu. Ryu: scuola.

  Tutto è “Sutemi”, azione d'abbandonare il corpo. Il bodycrash. La prima scuola è Tai-Sha-Ryu; Tai: corpo. Sha: abbandonare, depositare. Mu-Nen-Ryu è Mu: negativo, Nen: coscienza, abbandonare la coscienza. Mu-Shin-Ryu; Shin: spirito, abbandonare lo spirito. Mu-Gen-Ryu è senza occhi, abbandonare gli occhi. Mu-Te-Ki-Ryu: senza nemico. Mu-To-Ryu: senza sciabola. Shin-Jin-Ryu: è Shin, lo spirito vero. Ten-Shin-Ryu: è Ten: il cielo, lo spirito cosmico.

  Ci sono dunque molte scuole, ma tutte hanno in comune il “Sutemi”. l'azione d'abbandonare, lasciare cadere il corpo, dimenticare l'ego, di seguire solamente il sistema cosmico. Si abbandonano gli affetti. i desideri personali, l'ego. Si dirige l'ego obiettivamente. Anche se si cade, non importa dove, non bisogna aver paura né essere ansiosi.

  Bisogna concentrarsi “qui ed ora”, non economizzare energia: “tutto deve uscire qui ed ora”. Si muove il proprio corpo naturalmente, automaticamente, inconsciamente, senza coscienza personale. Mentre se noi usiamo la nostra coscienza personale, la nostra azione, il nostro comportamento diventano lenti.

  Nel Budo, la coscienza e l'azione devono sempre essere unità. All’inizio, nel Budo, nell'Aikido, nel Kendo si ripetono i waza, le tecniche e i Kata, la forma. Si ripete senza tregua per due o tre anni. Così: Kata e i Waza. perché la forma e la tecnica diventano una abitudine. All’inizio, per praticare Waza e Kata, bisogna servirsi della propria coscienza. E' la stessa cosa per suonare il piano o “drum” tamburo, per esempio. Alla fine. è possibile suonare inconsciamente, non ci si lega più, non ci si serve più dei principi. Si può suonare naturalmente, automaticamente. E' possibile creare qualche cosa di fresco con questa saggezza.

  E' la stessa cosa in tutta la nostra vita quotidiana. E' lo Zen. Le grandi opere d'arte sono create al di là della tecnica. Nel mondo della tecnologia e della scienza, le grandi scoperte nascono, provengono al di là dei principi e delle tecniche. Non bisogna essere legati ad una sola idea, una sola categoria, un solo concetto. Dall'idea all'azione, si deve ottenere la vera libertà.

  Nello Zazen, all'inizio come alla fine, la postura è ciò che c'è di più importante. Nello Zen, come nel Budo, si deve trovare l'unità diretta con la verità autentica del cosmo, senza coscienza personale, con il nostro corpo ma non con il solo cervello. Bisogna pensare con tutto il corpo. Ecco un poema sull'essenza, il segreto del Kyudo:

La tensione della tensione
Il mio arco è completamente teso
Dove va lontano la mia freccia?
lo non lo so


  Ed ecco un nuovo poema sul segreto del Kendo:

Non si deve pensare
Sul prima e sul dopo
In avanti, indietro
Soltanto la libertà
Del punto di mezzo
”. 


  E' anche la via di mezzo. lo dico sempre che lo Zazen deve essere mushotoku, senza scopo e senza profitto. Non è necessario pensare dove va la freccia. Bisogna concentrarsi solamente sulla tensione della corda dell'arco. L'arco giapponese è fatto di bambù, è molto solido ed occorre una fortissima energia per poterlo tendere. Se pensiamo solo al risultato, al frutto, con la nostra coscienza personale, non possiamo concentrarci né lasciare uscire tutta la nostra energia. Se si fa solo lo sforzo, il più grande profitto appare inconsciamente, naturalmente. Si può talvolta farne l’esperienza.

  La pratica senza coscienza è migliore della pratica cosciente. All'inizio dello Zazen, quando si sente il dolore si pensa: “La mia postura è buona o la mia postura non è buona; io devo rientrare il mento, tendere la nuca, la colonna vertebrale, spingere sul mio zafu con le natiche, concentrarmi sull'espirazione”. Ma in seguito si dimentica tutto e ciò diventa non coscienza. Questa condizione dello spirito è molto importante. Dopo uno o due anni si ha troppo l'abitudine, perciò si dimentica tutto. Non ci si concentra più. Si pensa che la postura sia buona e non la si corregge più. Anche se il maestro o il responsabile del Kyosaku corregge questa postura, non si segue più.

  Alcuni praticano un anno, due anni o maggior tempo ancora e la loro postura diventa cattiva, non fa che peggiorare. Questo è dovuto ad un ego molto forte ed ad una mancanza di sforzo. E' andare in un'altra direzione. Non bisogna dimenticare l'inizio (lo spirito dei principianti).

  Zazen: la nostra energia, il nostro spirito si armonizzano con l'energia cosmica e l'energia cosmica infinita dirige la nostra energia. Allora possiamo dirigere le diecimila cose in una sola volta. Noi possiamo essere veramente liberi, grazie all'energia intera del cosmo, questa verità invisibile.

  Un grande maestro di Kendo dell'era Meiji, Yamaoka Tesshu, che non era un maestro di Zen ma un Bodhisattva ha detto: “Quando vogliamo sederci, ci sediamo, facciamo Zazen; quando vogliamo partire, partiamo, senza pensare a ciò che si lascia. Se pensiamo a ciò che si lascia non possiamo ottenere la vera libertà, la vera attività. E' il segreto e l'utilità della “spada spirituale”, ed è la più alta essenza del Kendo”. Il maestro Yuno la chiama “Sciabola del Mushotoku”.

  Lo dico sempre: il segreto della via delle Arti Marziali, del Budo è che non dobbiamo pensare a vincere, ma non dobbiamo neppure essere vinti. Questo è contraddittorio, allora come fare? E' difficile. Né Kontin, né Sanran, né torpore né eccitazione, è la via di mezzo del Buddismo. Andare a destra o a sinistra, è facile, vincere o essere vinto, è anche facile. Ma non vincere e non essere vinto, è molto difficile.

  Nella nostra vita quotidiana, è la stessa cosa. E' ugualmente il punto comune tra il Budo e lo Zen. Soprattutto, bisogna penetrare nella “via della vita e della morte”. Lo Zen è pacifico, il Budo è combattivo ma alla fine, il Budo deve diventare senza vittoria né disfatta.

  Nello Zen, non c'è niente, nessun combattimento. Il Maestro Daichi ha detto: “Zazen è la migliore via, il miglior modo per tagliare la vita e la morte, tagliare la visione della vita e della morte”. E Dogen ha scritto nello “Shobogenzo”: “Come si può risolvere la vita e la morte? Come fare per diventare Budda?” Con lo Zazen si può risolvere il problema della vita e della morte. Zazen è Budda.

  Nello “Shobogenzo”, Ben Do Wa, è scritto così: “Quando rigettiamo e dimentichiamo il corpo e lo spirito e così entriamo nella casa del Budda, allora questo diventa attivo, e si può diventare passivi”. Se si segue il Budda, la sua energia e la sua attività, non è necessario utilizzare la nostra energia propria o la nostra forza personale, né disperdere la nostra coscienza, il nostro spirito. Finalmente, possiamo diventare Budda senza separarci dalla vita e dalla morte. Così, non dobbiamo né restare, né stagnare sullo spirito né legarci allo spirito.

  In seguito, c'è una via molto facile per diventare Budda, è:

- Non pensare il male, non fare il male.
- Non causare turbamenti, non complicare, non disturbare gli altri.
- Non detestare, non scegliere, non fare distinzione tra la vita e la morte.
- Avere più compassione verso l'umanità, rispetto per le persone anziane, simpatia per i giovani.
- Non avere repulsione o preferenza per qualunque cosa.
- Non avere desideri, qualunque essi siano.
- Non pensare con la propria coscienza.
- Non avere paura.

  Ecco quello che si chiama Budda. Non è necessario ricercare un'altra via. Tale è il metodo  di Dogen per diventare Budda. Allora come fare? Come cambiare in questo modo la nostra vita quotidiana?

  Dopo la guerra, in Giappone, il Budo ha incominciato a cambiare diventando uno sport. Fu il generale Mac Arthur a scompigliare l'educazione giapponese per ragioni politiche. Egli ha tagliato la trasmissione dello spirito del Budo ed i ministri dell'educazione giapponese hanno cambiato i metodi pedagogici. Il maestro Michigami si è opposto a questa situazione, è partito per la Francia dove ha potuto continuare l'educazione delle Arti Marziali e del Judo. Allora, finalmente, Geesink ha vinto. In quel momento, quando ancora si trovava sul tatami di Judo, egli si volse verso Michigami e gli disse: “Se io ho vinto, è grazie a voi, grazie al vero spirito trasmesso dal Judo giapponese”. Ed egli salutò Michignami facendo sampai. E' una celebre storia del Kodokan.

  Quando sono arrivato in Europa, ho sentito Michignami dire: “Il Budo giapponese non si svolge più come nel passato. Ci sono dei 10° dan che non sono più forti come una volta. Non è più possibile formare un maestro storico come in precedenza. Perché? E' un grande Koan per il Budo in quanto Zen. lo sono fuggito all'attuale Budo Giapponese e voi siete sfuggiti al Buddismo giapponese. Certamente, gli Europei troveranno la vera essenza del Budo e del Buddismo giapponese. Ma, anche se c'è stato Geesink, che io ho educato, il Budo europeo è completamente cambiato. Non ha seguito il Budo giapponese, il vero insegnamento”.

  Gli Europei capiscono il Buddismo, il vero Zen per mezzo della mia introduzione dello Zen in Europa. Ma... c'è un ma. E' un Koan. E' difficile, molto difficile dare lo Shiho. A chi darlo? 

TAlSEN DESHlMARU

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GLOSSARIO

AIKIDO: Via dell'armonia con il sistema cosmico.

BODHISATTVA: “Budda vivente”. Ognuno può realizzare che lo è, e dedicare la vita ad aiutare gli altri uomini, partecipando alla realtà sociale. Nulla lo distingue da loro, ma il suo spirito è Budda.

BUDDA: “Il Risvegliato”.

BUDO: Le Arti Marziali. La via dei Samurai, esattamente: il Bushido. Budo è la via del combattimento. Ma il Kanji Bu significa esattamente: arrestare la spada, cessare di usare la spada, cessare di battersi.

DOJO: Luogo dove si pratica la meditazione Zen.

EGO Il piccolo io, possessivo e limitato, che bisogna distruggere, nella misura in cui è fatto di illusioni, mentre ognuno tende ad attribuirgli una realtà autentica.

ENO: In cinese, HOUEI NENG, il sesto patriarca, dopo BODHIDHARMA.

HISHIRYO: Pensare senza pensare. Al di là del pensiero.

JUDO: Vincere la forza con la dolcezza.

KAMAE: Atteggiamento, postura; molto importante nelle Arti Marziali.

KATA: “Forma” del Budo. Tutte le Arti Marziali: Judo, Kendo, Aikido, etc... hanno dei Kata: forma, azione, allenamento per vincere. I principianti debbono imparare i Kata, assimilarli, utilizzarli ed in seguito creare partendo da loro, da questa forma originale propria di ciascuna delle Arti Marziali.

KATSU: Tre significati (stessa pronuncia):
1) Vincere
2) Lanciare un grido speciale con voce forte
3) Tecnica per risvegliare il “Ki” per rianimare la vita.


KENDO: Combattimento con la sciabola.
KI: Attività invisibile riempita dall'energia del cosmo. Diventa l'energia del corpo, in tutte le sue cellule.

KOAN: Originariamente, legge, principio di governo. Problema contradditorio dell'esistenza. Principio di verità eterna trasmesso da un maestro.

KU: Vacuità. L'esistenza senza noumeno. Nel Buddismo è anche: l’lo Invisibile. Concetto identico al concetto di Dio. Tutte le esistenze del Cosmo esistono, ma non se ne può afferrare il noumeno, l'essenza.

MONDO: Domande e risposte tra maestro e discepoli.

MUSHOTOKU: Senza scopo né desiderio di profitto.

OBAKU: In cinese, HOUANG PO, terzo successore di ENO (HOUEI NENG) e istruttore di Rinzai. (LIN-TSI).

RINZAI: In cinese LIN-TSI. Nella setta Rinzai, si utilizzano più formalmente i Koan e lo Zazen, che si pratica rivolti al centro dei dojo. E' divenuto un metodo per raggiungere il Satori.

SAMPAI: Prosternazione davanti a Budda o davanti al maestro, fronte contro terra, le palme delle mani dirette verso il cielo da ogni lato della testa (simbolicamente per ricevere l'impronta di Budda).

SATORI: Svegliarsi alla verità cosmica.

SESSHIN: Periodo di allenamento intensivo allo Zazen. Da uno o più giorni di vita collettiva, di concentrazione e di silenzio nel dojo, si fanno da quattro a cinque ore di Zazen al giorno, interrotte da conferenze, mondo, lavoro manuale (samu), e pasti.

SHIKANTAZA: Solamente sedersi, concentrarsi sulla pratica dello Zazen.

SHIKI: I fenomeni, il mondo invisibile.

YAWARA: Il Judo tradizionale.


ZEN: TCH'AN in cinese, DHYANA in sanscrito. Vero e profondo silenzio. Abitualmente tradotto in: concentrazione, meditazione senza alcun pensiero; lo spirito originale e puro dell'essere umano.