HAKUIN EKAKU ZENJI
© by René Manusardi
É vietata la riproduzione anche parziale del testo senza la dovuta citazione dell'Autore del testo stesso: https://socioclinica.blogspot.it/p/note-legali.html
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Vi
presentiamo una traduzione letterale dal giapponese dello YASENKANNA JŌKAN – il testo storico fondativo delle tecniche di
zen training – a cura della compianta Dott.ssa Anna
Asciano. Cristiano Vittorioso, nella celebre versione dello Yasenkanna del 1994,[2] alla nota al testo n. 51,
afferma: «Non essendo lo Yasenkanna un’opera buddhista rigidamente tecnica o
dottrinale, la traduzione dei termini riguardanti i diversi tipi di pratiche
meditative rappresenta una grossa difficoltà». Per cercare di ricomporre
questa difficoltà terminologica, in collaborazione con la Dott.ssa Asciano (che
ha cercato di tradurre il testo originale in un linguaggio semplice, scarno,
arcaico e non elaborato, per aderire maggiormente al senso del racconto), ho
personalmente contribuito sia con
l’esperienza diretta nel campo meditativo, sia con la dottrina dello Yasenkanna Jōkan tramandatami
oralmente dal mio maestro zen don Johannes Baptista Ichiro Ishii (1928-2009),
eremita camaldolese e sacerdote cattolico. Per una comprensione approfondita
degli aspetti medici del Taoismo e del Buddhismo, rimandiamo comunque alla
abbondante bibliografia specialistica esistente su tali argomenti. In questo volume
di impostazione socioclinica ci siamo soltanto limitati a considerare le
tecniche del salutismo taoista e buddhista presenti nello zen training,
attinenti con la prevenzione e il trattamento dello stress, delle disfunzioni
ansioso-depressive e dei disturbi di ordine psicosomatico, finalizzate alla
prevenzione della salute e al raggiungimento del benessere esistenziale.
Yasenkanna Jōkan di Hakuin Ekaku Zenji (1685-1768)
Prologo
redatto dall’abate del povero eremo, che ha fame e freddo. La primavera nel
settimo anno del periodo Hōreki (anno 1757 d.C.), nella biblioteca Shōgetsu Do
della capitale, è steso un messaggio agli inservienti di Kokurin dove è detto:
«Abbiamo sentito che tra i vecchi codici del
Maestro ce n’è uno detto Yasenkanna, o qualche cosa di rassomigliante, dove si
ammaestra sul modo in cui rinvigorire il KI, lavorare lo spirito e accrescere
la forza. Lì è custodito il segreto della lunga vita e l’esposizione della
natura del cosiddetto Shinsen Rentan (il cinabro purificato degli immortali) e
per gli esperti, la sola aspettativa di sprofondarsene nella lettura è salutare
pioggia nel mezzo della siccità. Diversi monaci, ne hanno composto delle copie
in segreto, e le conservano come beni preziosi inottenibili, ma è come
impugnare astutamente un vaso pregiato chiuso in un cofanetto. Noi vogliamo
stamparlo e donarlo a quelli che verranno, in modo da contentare la loro
febbrile sete di comprensione. Sentiamo dire che il Maestro reputa come piacere
della sua senescenza, il giovare al suo prossimo: se sarà utile agli altri, non
sarà più ricalcitrante».
Gli inservienti, afferrata la lettera la
portarono al Maestro, che sorridendo acconsentì. I discepoli dischiusero il
vecchio cofanetto, ma più di metà dello Yasenkanna si rivelava mangiata dalle
tarme, quindi terminarono e trascrissero il testo, che infine raggiunse
approssimativamente le centocinquanta pagine. Gli inservienti le rilegarono e
le spedirono alla capitale. A me, che sono il più anziano dei discepoli, mi
chiesero di redigere una prefazione e non ho declinato di compierla. Risiedo al
Kokurin più o meno da 40 anni; dal momento che ne sono divenuto abate, vedo
tutti i novizi arrivati qui per praticare la meditazione, adattarsi alle severe
istruzioni del Maestro dall’istante che ne oltrepassano la porta. Vi è chi,
nonostante venga colpito da molti colpi di bastone del risveglio (kyosaku) per
scacciare la sua mente negativa, rimane 10 o 20 anni e vi è chi non si cura del
pericolo di morire. Tutti questi sono seguaci encomiabili, individui dal grande
KI, venuti da ogni prefettura dell’Impero. Si sistemano in edifici abbandonati,
in vecchi templi, in santuari decadenti, alla distanza di cinque o sei ri, a oriente
e a occidente del monastero, e si rivolgono con grande KI alla pratica della
meditazione. Soffrono indigenza al mattino e penuria la sera, fame di giorno e
freddo di notte; mangiano solamente verdura cruda e cruschello; sopportano
ramanzine e ingiurie feroci, picchiati da colpi di bastone che arrivano alle
ossa. Chi ha visto e udito queste cose ne prova dolore e piange di
commiserazione. Anche gli dèi piangerebbero e i demoni più cattivi
congiungerebbero le mani in segno di pietà. Appena arrivati sono belli come
Sōgyoku e Kaan, con la pelle morbida e in salute. Poco dopo però sfioriscono, e
il loro viso diventa pallido come quello di Toho e Katō; incontrarli vuol dire
vedere Kutsushi in prossimità delle acque stagnanti. Per quale piacere, si
fermano anche un solo giorno al monastero, se non perché sono monaci abili ed
encomiabili, tanto che non hanno considerazione alcuna del corpo e della vita,
preferendo dedicarsi alla meditazione? Ma qualche volta l’asprezza della
pratica oltrepassa la misura, e quelli che soffrono eccessive privazioni
danneggiano la natura metallica dei loro polmoni, gli umori si disseccano,
spasimano di anomalie e gonfiori intestinali, e infine sono afflitti da
malattie gravissime. Quindi il Maestro, reso compassionevole da quella sofferenza,
rimane in balia dell’infelicità per qualche giorno, alla fine si fa coraggio,
si tocca la testa rasa come una vecchia balia, e tramanda a loro la dottrina
segreta della Visione Interiore.
Perciò parla:
«Ogni volta che ai valorosi – i quali camminano nella Via dello Zen –, la natura ignea del cuore sale nella direzione
opposta, il corpo e la mente si indeboliscono, mentre i cinque organi interni
non sono più in equilibrio reciproco. Allora, pur provando a curare con gli
aghi, la moxa e le medicine, né Kada, Hen, e neanche Sō avrebbero la forza di
guarirli agevolmente. Io però conosco la dottrina segreta del Tan rigenerato
degli Immortali. Anche voi provatelo, è miracoloso, come vedere nuovamente i
raggi del sole quando le nuvole si schiudono e la nebbia si dirada. Per
praticare il mio segreto, fermate per un po’ la mente pensante, sospendete il
Kōan e per prima cosa disponetevi a fare un sonno profondo. Quando state per
addormentarvi, estendete le gambe, stiracchiatele con forza, saturate del Ki
originario tutto il corpo e raccoglietelo nello HARA, nello spazio del Kikai
Tanden, quindi nelle anche, nelle gambe, nella pianta dei piedi. Osservate
l’interno del corpo e dite: “Il mio Kikai Tanden, le anche, le gambe e le
piante dei piedi sono il mio volto originale. In questo volto originale come
mai ci sono le narici? Il mio Kikai Tanden è la mia terra di origine. Per qual
motivo questa terra di origine deve ascoltare notizie? Il mio Kikai Tanden è la
Terra Pura del mio cuore sobrio. Per qual motivo questa Terra Pura deve essere
meravigliosa? Il mio Kikai Tanden è Amida che vive nel corpo. Per qual motivo
Amida deve trasmettere l’insegnamento?”. É
necessario tenere la mente ferma (deconcentrazione) ripetendo molte
volte queste frasi. Se gli effetti del fermare la mente aumentano, anche
senza avvertirlo il Ki originario di tutto il corpo si immagazzina nelle anche,
nelle gambe, nella pianta dei piedi, il ventre si curva come una zucca e
diventa elastico come una sfera. Proseguendo a mente ferma, così
risoluti, tra sette, quattordici o al massimo ventun giorni, ogni forma di
esaurimento del Ki o di affaticamento di polmoni o milza viene eliminata, e se
i cinque organi e le sei viscere non guariscono, io vi concedo l’autorità di
tagliarmi la testa».
Tutti
i discepoli, ricolmi di gioia rendono grazie. Ciascuno, individualmente e con
operosità, ferma la mente
nella pratica della Visione
Interiore. La rapidità del loro progredire trae origine dal grado di
fermezza nella pratica, e la maggior parte di essi guarisce pienamente e tutti
senza sosta lodano i sorprendenti risultati della Visione Interiore. Dice il Maestro:
«Monaci! Adesso che il malessere del cuore è
interamente estirpato, non dovete sentire soddisfazione. Quanto più
riacquistate la salute tanto più dovete crescere. Quanto più realizzate il
Satori tanto più dovete esercitarvi. Dal momento in cui sono stato iniziato
alla pratica della meditazione Zen, ho sofferto una malattia gravissima dai
dolori dieci volte superiori ai vostri. Mi ha straziato un dubbio, mi sono
chiesto di continuo: “meglio morir rapidamente e abbandonare il mio corpo,
invece di vivere in tali afflizioni”. Per fortuna, invece, sono stato iniziato
al segreto della Visione Interiore
e, come voi adesso, sono guarito del tutto. Mi ha detto il Saggio: “L’arte
degli dei che fa diventare immortali è la seguente: gli uomini del popolo o
dell’aristocrazia arrivano all’età di trecento anni, mentre per chi fa vita
monastica non si può fissare nessun limite di età”. Pieno di gioia a tal
notizia, per quasi tre anni ho proseguito la pratica che m’ha ridato la vita e
non l’ho mai sospesa. Ho visto che corpo e mente a poco a poco riacquistano la
salute e ho visto che il KI e il vigore crescono senza sosta. Allora ho detto
che se continuo anche a mettere in pratica la profonda dottrina per arrivare a
ottocento anni come Hōso, sono solo un testardo e ottuso demone guardiano di
cadaveri, una vecchia volpe assonnata nel suo covo, E infine torno al nulla.
Perché non si incontra più sulla terra una persona come Kakkō, Tekkai, Chōka o
invece Ichō? È preferibile trarre ispirazione dai Quattro Grandi Voti,
apprendere l’onorabilità del Bodhisattva, rendersi conforme di continuo alla
Grande Legge, fermare il corpo autentico del Dharma non nato prima del vuoto e
non morto dopo di esso, raggiungere il Corpo di Diamante del Buddha. Trent’anni sono trascorsi dal momento che
qui si sono radunati diversi grandi interiori praticanti. Abbiamo praticato
insieme la Visione Interiore e lo Zazen, decisi e con la forza di
chi lavora i campi o combatte una battaglia. Anno dopo anno il loro numero è
cresciuto e ora siamo in duecento. Parecchi si sono esauriti e ammalati. La
natura ignea del cuore è salita al contrario in alcuni, e siccome stavano
impazzendo ho avuto compassione di loro e nascostamente gli ho trasmesso
l’essenza della Visione Interiore. Le loro condizioni gradualmente sono
cambiate in meglio, e quanto più si sono svegliati tanto più li ho spronati
alla perseveranza. Anche se
adesso ho oltrepassato i settant’anni, non ho segni di malattie, i denti sono
forti e neppure uno di essi ha ceduto. Anche occhi e orecchie funzionano alla
perfezione, non ho disturbi visivi o sonori. Non abbandono i sermoni sul Dharma
che ascolto due volte al mese. Accetto gli inviti alle riunioni di centinaia di
persone. Acconsento alle richieste dei monaci novizi tenendo cicli di cinquanta
o settanta riunioni per spiegare i Sutra o altri libri. Neanche per un giorno
tralascio il cibo e le letture. Corpo e mente sono pieni di salute mentre a
venti o trent’anni il mio KI e il mio vigore erano molto al di sotto rispetto
ad oggi. Tutto ciò dipende, lo so bene, dagli effetti della Visione
Interiore».
I
monaci emozionati rendono grazie e dicono: «Maestro molto pietoso e grandemente
compassionevole, ti imploriamo di scrivere un compendio riguardo il metodo
della Visione Interiore. Fallo, così sarà tramandato e verrà in aiuto a tutti
quelli che come noi, sono afflitti dalla “malattia dello Zen”». Il
Maestro acconsente e il manoscritto viene presto stampato. In esso è scritto che
per coltivare e ottenere lunga vita, la cosa più importante risiede nel
purificare il corpo. Per fare ciò è necessario risvegliare il KI spirituale e
accumularlo nel Kikai Tanden. Quando la mente è ferma (ossia ci si deconcentra), il KI
si accumula. Quando il KI si accumula si forma il vero Tan. Quando il Tan si
forma il corpo è in ordine. Quando il corpo è in ordine lo spirito è
realizzato. Quando lo spirito è realizzato si ha lunga vita. Gli immortali
assicurano tutte queste cose per mezzo della dottrina segreta del Tan
purificato nove volte. In realtà, il Tan non è una cosa esteriore. Essenziale è far discendere la natura ignea del
cuore saturando il Kikai Tanden e lì conservarla. Tutti i monaci che intendono
operare così senza posa: non solo saranno guariti dalla malattia dello Zen; non
solo verranno fuori dall’esaurimento in cui sono precipitati; ma supereranno
anche la il blocco dello Zen, perché quelli che hanno sostenuto lungamente la
grande confusione, sperimenteranno gioia smisurata, tanto che faranno un grande
riso battendo forte le mani. Qui sta il significato di: “Quando la luna è altissima,
le ombre del castello si dileguano!”.
Venticinquesimo
giorno del primo mese del settimo anno dell’era Hōreki. L’abate del povero
eremo, che ha fame e freddo, dà fuoco all’incenso con somma venerazione, e
scrive così. Il primo giorno e la prima volta che ho praticato lo Zen, ho fatto
voto di eseguirlo con fede eroica e energica, e ho giurato di far sorgere in me
un impegno stabile nei confronti della Via. Dopo qualche anno di dura ascesi,
una notte, all’improvviso, si è sciolto il nodo. I dubbi tormentosi avuti fino
a quel momento, si sono spenti alla radice, sciolti come neve al sole. Anche il
karma dell’eterna morte e rinascita si è disperso per sempre come bolla
sull’acqua. Ho considerato che la Via non è lontana dall’uomo, e credo sia
un’esagerazione che gli antichi si siano impegnati in essa per venti o
trent’anni. Per qualche mese ho danzato e gioito di continuo, senza coscienza.
Poi, però, ho pensato profondamente alla mia pratica giornaliera, e ho capito
che attività e riposo non sono affatto in armonia, in più, l’attaccamento e il
distacco sono un limite alla mia libertà. Allora mi sono deciso con forza di
modificare in meglio la mia pratica, deciso a sacrificare di colpo la mia vita.
Stringendo i denti mi sono applicato alla meditazione abbandonando quasi
totalmente sonno e cibo. [3]
In questo modo, in poco meno di un mese la natura di fuoco del cuore è salita
verso l’alto, la natura di metallo dei polmoni si è prosciugata, ho avuto i
piedi gelati come dentro il ghiaccio o nella neve, le orecchie hanno frusciato
col rumore del torrente nel fondo della valle. Fegato e cistifellea si sono
fiaccati e snervati, nel mio agire sono stato assalito dalla paura, la mente si
è esaurita, ho provato allucinazioni nel sonno e nella veglia, ho avuto le
ascelle sempre molto sudate e gli occhi continuamente pieni di lacrime. Dunque,
mi sono affidato ai più celebri maestri e ho cercato con tenacia medici famosi.
Ma nessuna cura ha avuto anche un minimo effetto. Poi un giorno mi è stato
detto che sulle montagne di Shirakawa, nella provincia di Yamashiro, un eremita
chiamato Maestro Hakuyū vive in una grotta. Ha una straordinaria longevità ha
già passato tre o quattro volte il ciclo dei sessant’anni, la sua abitazione è
distante tre o quattro ri dall’abitato. Non ama vedere le persone. Se qualcuno
va da lui, lo evita e fugge. Non si capisce se è matto o saggio, ma gli
abitanti del villaggio lo considerano un immortale. Si sostiene che è stato
maestro del defunto Ishikawa Jōzan e che ha profonda conoscenza di astronomia e
arte medica. Se qualcuno gli domanda una istruzione, egli, con grande cortesia,
dice qualche parola sottile e misteriosa. Pensando alla parola data, chi l’ha
interrogato ne ha avuto grandi benefici. Nella seconda decade del primo mese
del settimo anno dell’era Hōei, in segreto ho preparato il viaggio, lasciando
alle mie spalle la parte orientale di Minō, in cui mi trovavo. Ho attraversato
Kurotani, e giunto speditamente nel villaggio di Shirakawa, ho lasciato la mia
sacca in una Casa del Te, e chiesto informazioni sulla strada dove camminare
per giungere alla grotta di Hakuyū. Un uomo del villaggio mi indica un torrente
che vedo un po’ lontano. Mi sono inoltrato nella montagna verso il rumore
dell’acqua. Dopo un ri, improvvisamente un gran silenzio. Anche i sentieri dei
boscaioli terminano lì. Vedo un vecchio, chiedo, e lui mi mostra un punto
lontano tra nubi e foschia. Mi indica una forma quadra, bianca e gialla, di
circa un sun, che appare e scompare tra le nubi del monte. Mi dice che quella è
la tenda di bambù che è sospesa all’entrata della grotta di Hakuyū. Alzo
l’abito e inizio a salire, arrampicandomi su rocce a picco e aprendomi un
passaggio tra erba foltissima. Più in alto, ghiaccio e neve addentano i miei
sandali, mentre nebbia e rugiada impregnano l’abito. A causa della fatica, il
sudore scende lungo tutto il mio corpo. Infine arrivo alla tenda, in mezzo a un
panorama così puro da non potersi raccontare, con la sensazione di essere stato
liberato dal mondo delle forme. Il mio cuore trema di venerazione e un brivido
percorre il mio corpo. In attesa all’ingresso della grotta, conto il respiro
svariate centinaia di volte. Poi, smossa la polvere dalle vesti mi sistemo il
colletto. Guardo dentro la grotta con il corpo chino in segno di profondo
rispetto. Vedo confusamente Hakuyū seduto con la schiena dritta e gli occhi
socchiusi. Ha una capigliatura nera lunga sino alle ginocchia. Un viso rosato,
bello come un frutto di dattero cinese. Avvolto in un drappo, siede su un
cuscino di erba tenera. La grotta è grande soltanto cinque o sei shaku per lato
e non c’è nessun utensile per i bisogni quotidiani. Solo un piccolo tavolo dove
stanno tre libri: il Chūyō, il Rōshi e il Kongō Hannya. Salutatolo con
grandissima cortesia, gli ho raccontato la mia malattia nei minimi particolari
e l’ho scongiurato di aiutarmi. Dopo un po’ Hakuyū apre gli occhi, mi guarda
intensamente e con parola lenta dice: «Sono un essere inutile, all’ingresso della
morte, vivo tra i monti, mangio bacche e frutti selvatici che raccatto e dormo
come i cervi. Cosa posso dirti d’altro? Sono mortificato perché sei venuto a
cercarmi da tanto lontano». Io però ho continuato a implorarlo con
grande forza. Allora Hakuyū, con le unghie lunghe mezzo sun, afferra le mie
mani con delicatezza ed esamina profondamente i cinque organi interni e i nove
punti di controllo. Con il volto impensierito e la fronte corrugata, dice:
«L’esagerata concentrazione e gli
esercizi ascetici oltre misura hanno generato quei sintomi gravi che mi riveli.
La tua malattia Zen è proprio difficile da sanare. Anche se Hensō o Kada operando
al meglio e con forza la vogliono guarire, e ricorrono ai tre rimedi di
agopuntura, moxa e preparati terapeutici, non possono apportare nessun
risultato sorprendente. Ti sei malato a causa della concentrazione e se
ora non metti in pratica i giovamenti della Visione Interiore, non
potrai rimetterti in salute. Infatti è detto “alzarsi e cadere sono tutti e due
causati dalla terra”».
Allora l’ho supplicato: «La
prego, mi insegni i segreti della Visione Interiore. Dopo averla conosciuta, la
voglio praticare». Hakuyū, con dignità e gentilezza si raddrizza e
afferma gentilmente:
«Così
tu sei dunque uno di quei gentiluomini che amano sapere il perché delle cose.
Ti illustro rapidamente ciò che ho ascoltato nel tempo antico. È una dottrina
segreta per coltivare la vita. É rarissimo trovare qualcuno che la conosca. Se
non sei disattento, proverai certamente i suoi effetti prodigiosi. Puoi anche
sperare di ottenere l’immortalità. Il Tao (la Grande Via, Dō in giapponese) si
distingue nei due princìpi Yin e Yang. Dalla loro combinazione sorge l’essere
umano. Il KI originale circola in silenzio nel corpo, i cinque organi
permangono saldi nella loro sede, i fluidi del corpo scorrono in condotti
appropriati e arrivano dappertutto. Il KI e il sangue circolano insieme verso
l’alto e verso il basso, così nello spazio di un giorno e di una notte fanno
circa cinquanta giri. I polmoni, organo femminile e di natura metallica,
dimorano al di sopra del diaframma, mentre il fegato, organo maschile di natura
ignea, si trova al di sotto del diaframma. Il cuore, di natura ignea, è il sole
del corpo e si trova nella parte superiore; i reni, di natura acquosa, sono la
luna e stanno nella parte inferiore. Nei cinque organi sono presenti le sette
energie spirituali; sia nei reni sia nella milza ce ne sono due. L’espirazione
esce dal cuore e dai polmoni, l’inspirazione entra nei reni e nel fegato. Con
una espirazione la circolazione avanza di tre sun. In un giorno e una notte
producono tredicimilacinquecento respiri e la circolazione viaggia nell’intero
corpo per cinquanta volte. Il fuoco è di natura leggera e ama salire di
continuo verso l’alto; l’acqua, provvista di natura pesante, si sforza
ininterrottamente di scorrere verso il basso. Se non si comprende tutto ciò, quando la mente si concentra eccessivamente
o la focalizzazione del pensiero oltrepassa il suo limite naturale, la
natura ignea del cuore s’infiamma e la natura metallica dei polmoni brucia. Se
il metallo madre è in sofferenza, l’acqua figlia si indebolisce. Se madre e
figlia si fanno male a vicenda, i cinque organi si fiaccano e i sei visceri si
danneggiano. Se si altera l’equilibrio dei Quattro Elementi (terra, acqua,
fuoco, vento), ognuno di loro scatena cento e una malattie. Neppure un rimedio
può essere efficace e medici incrociando le braccia, infine sono obbligati a
tacere.
Alimentare
la propria vita è come reggere una nazione. Il re sapiente e illuminato dirige il suo cuore ai propri sudditi, un
re di poco valore e poco intelligente si occupa solo dei dignitari. Agendo
così, i ministri sono orgogliosi del loro potere, i funzionari si avvalgono del
favore a loro accordato e non badano per niente alle afflizioni del popolo.
Così tra la gente sopravanzano i volti cerei, nella capitale si ammassano i
cadaveri dei morti di fame. I saggi si ritirano a vita privata, i sudditi
covano amarezza e avversione. I signori delle province si ribellano, i barbari
si rivoltano e infliggono dure prove al popolo, fino al momento in cui il
battito del cuore del regno si ferma per sempre. Quando invece il sovrano
rivolge il proprio cuore ai sudditi, i ministri incoraggiano il commercio e i
funzionari sono parsimoniosi e non scordano mai le sofferenze del popolo. In
quel tempo i contadini, abbondano di cereali e le loro mogli di stoffe in
sovrabbondanza. I saggi affluiscono in gran numero a offrire i loro servigi, i
signori delle province restano sottomessi con timore e riverenza, il popolo
prospera e il regno è forte. Nessuno per di più osa infrangere gli ordini de re
e i popoli nemici non invadono i confini. Nel regno le armi non strepitano e il
popolo non comprende neppure i nomi delle spade e delle lance. Così è anche per il corpo umano. L’uomo perfetto gremisce sempre la parte
inferiore con il KI del cuore. In questo modo le sette sciagure non
agiscono dentro il corpo e i quattro mali non entrano dall’esterno. KI e sangue
rimangono intatti e l’energia spirituale del cuore è piena di salute. Così la
bocca non conosce il gusto delle medicine, il corpo non prova il dolore di
agopuntura e moxa. L’uomo di poco valore invece lascia andare il KI verso
l’alto. In questo modo la natura ignea del cuore posta a sinistra aggredisce la
natura metallica dei polmoni posta a destra. I cinque sensi si indeboliscono,
si intorpidiscono e i sei visceri sono posti in sofferenza.
Shitsuen
dice: “Il vero uomo respira dai talloni,
l’uomo comune dalla gola”. Kyoshun dice:
“Il KI che si trova nel riscaldatore inferiore ha respiro lungo, quando si
trova in quello superiore, ha respiro corto”. Jōyōshi dice: “Nell’uomo è
presente un KI originale e indiviso, che quando corre giù nel Tanden, ritorna
uno Yang. Per conoscere il segnale del primo Yang quando torna per la prima
volta, è con certezza il sentire una sensazione di calore”. Per coltivare la
vita, è fondamentale che le parti in alto siano sempre fresche, e che quelle in
basso siano sempre calde. I dodici canali sono in relazione con i dodici
animali, i dodici mesi e le dodici divisioni del tempo. Il cambiamento delle
sei linee, il loro ritorno all’inizio del ciclo sono il completamento di un
ciclo annuale. Cinque linee Yin sopra, una linea Yang sotto è Chiraifuku
(esagramma XXIV dello I Ching detto il Ritorno). É il segno del grande freddo,
del solstizio d’inverno. É ciò che significa respirare come vero uomo,
attraverso i talloni. Tre linee Yang sotto, tre linee Yin sopra è Chitentai
(esagramma XI ossia la Pace), segno dell’anno nuovo. I diecimila oggetti
traboccano del KI della vita, le piante beneficano della primavera fiorita. È
immagine dell’uomo realizzato che riempie di KI originale le sue parti
inferiori. Così KI e sangue si arricchiscono e l’energia aumenta. Cinque Yin
sotto, uno Yang sopra è Sanchikaku (esagramma XXIII detto la frantumazione),
stagione del nono mese. Quando il cielo arriva qui, foreste e giardini lasciano
i loro colori e il fogliame appassisce e cade. È segno del respiro dalla gola
dell’uomo comune. Il corpo deperisce, i denti traballano e cadono. Così nello
Enjusho è detto: “Quando i sei Yang sono interamente dissolti, lo Yin domina
ogni luogo e l’uomo si apre alla morte”. Si
deve sapere quindi che per coltivare la vita, è essenziale inondare
continuamente le parti inferiori con il Ki originale.
Nei tempi
antichi Gokaisho è andato davanti al maestro Sekidai, e dopo la sua
purificazione, lo ha interrogato sulla pratica del Rentan. Il Maestro dice: “Io
ho il segreto del vero arcano Tan ma devo trasmetterlo solo a un uomo
esemplare”. Sempre nell’antica Kōseishi lo ha trasmesso all’Imperatore Giallo,
che lo ha ricevuto dopo ventun giorni di purificazione. Al di fuori del Tao non
c’è nessun vero Tan e al di fuori del vero Tan non c’è nessun Tao.
C’è un metodo riguardo le cinque assenze
di impurità. Quando liberato dai sei desideri anche i cinque sensi hanno perso
coscienza del loro operare, il vero KI originale si mostra chiaramente ai tuoi
occhi nella sua pienezza. È ciò che pensa il celebre monaco Taihaku con il
detto “unire la propria natura con la natura originaria”. La smisurata energia
di cui ci parla Mencio: “è necessario dirigerla, immagazzinarla nel Kikai
Tanden, il cerchio dell’addome e far sì che lì riposi a lungo, venga custodita
nella sua integrità, coltivata e resa perfetta. In questo modo,
improvvisamente, un giorno si sarà padroni del crogiuolo, dentro, fuori, in
mezzo, nelle otto direzioni, nei quattro punti cardinali, così dappertutto ci
sarà solo un unico grande Tan”. Avrai così coscienza per la prima volta che tu
sei un grande Shinsen, veramente immortale che è prima di cielo e terra e che
non muore quando lo spazio non esisterà più. Qui è l’attimo in cui la
realizzazione del vero crogiolo è compiuta. Come è possibile interessarsi di
meschini prodigi come il controllo del vento, cavalcare sulla nebbia,
restringere la terra e camminare sulle acque? Oppure l’essenziale è lo scuotere
il grande Mare per fare nascere il Soraku, o trasformare la terra in oro? Un
saggio antico dice: “Il Tan è il Tanden, il fluido è il fluido dei polmoni, l’essenziale
è il far tornare il fluido dei polmoni al Tanden”».
Ho detto al Maestro Hakuyū: «Ho ascoltato
diligentemente la vostra dottrina. Lascerò dunque per un po’ la meditazione Zen
(ossia la pratica dei KOAN,
n.d.r.), sforzandomi di guarire. Ma ho paura che questa pratica sia quella
che Rishisai denomina come inclinazione eccessiva all’uso del raffreddamento
per fare scendere la natura ignea del cuore. Se il cuore viene tenuto in una
sede fissa, il KI e il sangue non rischiano un ristagno?».
Hakuyū sorride dicendo: «No. Rishisai afferma che la
natura del fuoco è quella di divampare in alto, e dunque è più che mai
necessario che sia tenuto in basso. E aggiunge che la natura dell’acqua è
quella di defluire verso il basso e perciò deve salire in alto. Acqua che sale,
fuoco che scende, è “mescolare”. Il mescolare è chiamato Kisei (esagramma
LXIII, detto: dopo il Compimento), quando non si mescola è Misei (esagramma
LXIV ossia prima del Compimento). Mescolare è manifestazione di vita, non
mescolare manifesta la morte. Ciò che la scuola di Risishai chiama “tendenza
eccessiva all’uso del raffreddamento per far discendere la natura ignea del
cuore” è stato detto per evitare l’errore di quanti seguono Tankei. Gli antichi
hanno detto: “Il fuoco-ministro sale facilmente mettendo il corpo nella
sofferenza, per questo si aggiunge acqua per sorvegliarlo”. Il fuoco è sia
sovrano sia ministro. Il fuoco-sovrano è in alto e presiede alla tranquillità,
il fuoco-ministro è in basso e guida il movimento. Il fuoco-sovrano è signore
del cuore, il fuoco-ministro è l’assistente del sovrano. Due sono i
fuoco-ministro: reni e fegato. Il fegato è paragonato al tuono, i reni al
drago. Perciò è detto: “Se si respinge il drago negli abissi del mare, il tuono
non esploderà. Se invece si nasconde il tuono nello stagno, il drago non si
alzerà in volo”. Mare e stagno sono di acqua. Queste parole non controllano
forse la facilità di salire del fuoco-ministro? Si dice anche: “Quando il cuore
è indebolito, si svuota e si riscalda. Quando il cuore è vuoto, fate scendere
il calore del cuore in basso mescolato ai reni come rimedio. Questa è la via
del Kisei”.
La salita
della natura ignea del cuore ha provocato dentro di te gravi sintomi. Se non la
porti verso il basso non potrai rialzarti, anche se praticherai le pratiche
segrete dei Tre Mondi in modo estremo. Ora, la mia figura esteriore come quella
di un taoista, ti fa pensare che quello che dico sia molto dissimile dallo Zen,
ma questo è Zen. Quando avrai avuto il Risveglio, le tue idee attuali ti
faranno ridere. La visione interiore è
giusta quando non ha oggetto. La concentrazione KOAN che hai fatto fin qui è
sbagliata, e qui va ricercata la
causa dei grandi sintomi che accusi.
Da adesso pratica la visione senza oggetto
per guarire. Se raccogli la natura ignea del cuore e la immagazzini nel
Tanden e nella pianta dei piedi, il tuo petto sarà naturalmente fresco senza
pensieri e senza che le passioni ti tocchino. Questa è la visione interiore
autorevole e pura. Si tratta solo di abbandonare temporaneamente la pratica
koan Zen.
Buddha
dice: “Tieni il cuore nella pianta dei piedi e puoi guarire i cento e uno
mali”. Negli Agama è descritta la pratica che usa la crema So, eccellente per
guarire lo sfinimento del cuore. Nel Makashikan di Tendai il dibattito circa le
cause delle malattie è completa. Molto dettagliata anche la spiegazione delle
pratiche curative. Sono descritte dodici tecniche di respirazione che
guariscono molte malattie. C’è anche la pratica di visualizzare un piccolo
fagiolo in corrispondenza del centro dell’ombelico. L’essenziale è realizzare
la discesa della natura ignea del cuore nel Tanden e nella pianta dei piedi.
Questo cura la malattia e inoltre è di grande aiuto alla pratica della
meditazione Zen.
Ci sono poi
due pratiche di arresto, quella del Keen e quella del Taishin. Il Taishin è una
visione interiore integrale. Il Keen accorda il massimo interesse a tenere nel
Kikai Tanden, nel cerchio dell’ombelico il KI del cuore. Questa pratica è molto utile per chi la
consegue. In un lontano passato, il maestro fondatore dello Eiheiji, entrato
nella Cina Sung, ha reso omaggio a Nyojō sul monte Tendō. Un giorno entra nella
stanza del Maestro per chiedere istruzioni. Nyoiō dice: “Dōgen, quando sei in
meditazione devi appoggiare il tuo cuore sul palmo della mano sinistra”. Questo
è il riassunto del Keen del Maestro Chigi. Nello Shōshikan si descrive in modo
dettagliato la narrazione del maestro Chigi che rivela per la prima volta il
segreto della Visione Interiore Keen, e guarisce così la grave infermità del
confratello Chinshin, votato a sicura morte. Ancora, il Maestro Hakuun dice:
“Io riempio sempre l’addome con il mio cuore. Lo faccio sempre quando: correggo
i discepoli; governo la comunità monastica e rispondo alle sue necessità;
ricevo i visitatori; partecipo ai sermoni raccolti o a quelli allargati a tutta
la comunità; e in ogni altra circostanza non mi stanco mai di farlo.
Particolarmente adesso in tarda età, mi rendo conto dei grandi benefici che
produce”. Queste parole vanno massimamente considerate, perché sono fondate su
ciò che si dichiara nel Somon: “Se sei tranquillo e senza avidità, il vero KI
si adegua a questo. Se trattieni l’essenza spirituale dentro di te, come
faranno a venire le malattie?”. Per
trattenere l’essenza spirituale, l’essenza sta nel riempire l’intero corpo con
il KI originario, cosicché tra le trecentosessanta giunture e gli
ottantaquattromila pori della pelle non deve esserci neanche lo spazio di un
capello privo di KI. Questo è il modo più essenziale per coltivare la vita.
Il patriarca Hōso ha detto: “Il metodo per
armonizzare lo spirito e guidare il KI, consiste nel chiudersi in una stanza
isolata, preparare il letto, riscaldare la stuoia, fare attenzione che
l’altezza del cuscino sia di due sun e mezzo, sdraiarsi supini con il corpo
dritto, chiudere gli occhi e imprigionare il KI del cuore dentro al petto. Si
faranno poi trecento respiri così sottili al punto che una piuma posta sopra il
naso rimanga immobile, non sentiranno più le orecchie e gli occhi non vedranno
più. Quando giungerete in questo stato né freddo né caldo vi insidieranno, né
vespe né scorpioni vi nuoceranno col loro veleno. Potrete arrivare a vivere
fino a trecentosessant’anni, avvicinandovi così all’uomo vero”.
Oltre a ciò Sonaikan dice: “Mangiate
quando avete fame ma fermatevi prima di esservi saziati. Camminate fino a
quando avete svuotato lo stomaco, e appartatevi poi in un vano tranquillo,
sedete dritti e contate silenziosamente il respiro che entra ed esce dal corpo.
Contate da uno a dieci, e poi da dieci a cento. Quando, arriverete a mille, il
corpo diverrà immobile e la mente tranquilla come il cielo sgombro dalle nubi. Prolungando questa condizione, il respiro si
ferma e traspira come vapore dagli ottantaquattromila pori della pelle. In quel momento percepirete chiaramente che
tutte le malattie partiranno dal vostro corpo, come nebbia che si dilegua, e
ogni vostro anomalia verrà annullata naturalmente, come il cieco che apre gli
occhi d’improvviso e non ha più bisogno che un altro gli mostri la strada.
L’unica cosa fondamentale è non farsi
tante domande e coltivare il proprio KI originale. Per questo è stato detto:
“chi coltiva il potere degli occhi li tiene sempre chiusi, chi coltiva il
potere delle orecchie non si affatica ad ascoltare, chi coltiva il KI del cuore
è sempre silenzioso”».
Allora
ho chiesto: «Mi fa conoscere la pratica interiore della crema So?».
Hakuyū risponde:
«Se
il praticante, quando è in meditazione, “sente” che il corpo e la mente
si affaticano perché le Quattro Sostanze Primarie non sono in armonia, deve
orientare la sua mente a “sentire” quel che segue. Deve sentire che una
crema morbidissima dal colore e dall’odore puro, grande come un uovo d’anatra,
viene messa nella parte alta del suo capo. Il suo incantevole aroma si sparge
dappertutto sul suo capo. E sciogliendosi, la crema scende verso il basso sulle
spalle, sui gomiti, sul petto, sul torace, sui polmoni, sul fegato, sugli
intestini, sullo stomaco, sulla colonna vertebrale, sulla schiena. Così le
coliche, le malattie, i rigonfiamenti e i dolori dei cinque organi e dei sei
ausiliari, nel seguire la tua mente, discenderanno anche loro verso il basso e
si udrà distintamente il suono di acqua che scende vorticosa. Scorre lungo
tutto il corpo, arriva a irrigare le gambe e si ferma sulla pianta dei piedi.
A questo punto il praticante dovrà “sentire”
quanto segue: l’acqua corrente, fluendo verso il basso, mi sommerge pienamente
con il suo calore. Come un
buon medico che raccolte svariate piante officinali intensamente profumate, le
ha fatte poi bollire riempiendo una vasca dove io mi immergo poi dall’ombelico
in giù. Quando queste “sensazioni” della mente si realizzano,
all'istante si percepiscono aromi rarissimi e il corpo esperimenta una
sensazione di sorprendente morbidezza. L’armonia del corpo e della mente in
quel momento supera molto quella che si ha a venti o trent’anni. Le affezioni
dei cinque organi e dei sei ausiliari vengono annullate, intestino e stomaco
rientrano nella normalità, la pelle diviene spontaneamente brillante. Se si
segue ininterrottamente questa pratica, quale sarà la malattia che non
guarisce? Quale virtù non si raggiunge? Come si farà a non divenire un
immortale? Come sarà possibile non percorrere la Via? La rapidità con cui
conseguire questi frutti encomiabili deriva dall’energia e dalla forza del
praticante. Io da quando ero giovane ho contratto parecchie malattie, dieci
volte più dolorose delle tue. Di fronte ai miei sintomi i medici si dicevano
incapaci. Anche se mi sono aggrappato a cento rimedi, non vi è stata nessun
arte capace di guarirmi. A quella epoca ho pregato gli dèi del cielo e della
terra e ho invocato l’aiuto del celeste immortale. Che insospettata felicità
quando loro mi hanno donato l’arte stupefacente della crema So. Saturo di
gioia, mi sono cimentato in essa con diligente coscienza. Non è passato neanche
un mese che la maggior parte delle malattie mi ha abbandonato. Da quel momento
e per sempre ho sentito la leggerezza del corpo e della mente. Non bado più,
come gli stolti, quanto è lungo il mese e non ricordo mai se l’anno è o non è
bisestile. I pensieri mondani mi hanno abbandonato, e mi sono scordato
improvvisamente anche delle vecchie abitudini ispirate ai desideri naturali.
Non conosco neppure la mia età. Verso l’età di mezzo ho cominciato vagabondare,
tra i monti della prefettura di Wakasa, per ragioni che non voglio esternare.
Sono stato nomade per trent’anni e nessuno al mondo l’ha mai saputo. Ripenso a quel
periodo, che è stato proprio come il sogno di Kōryō. Adesso, qui nell’eremo
montano, ho liberato il mio vecchio corpo indossando solo pochi cenci, e anche
quelle nottate in cui il rigido inverno riesce a passare la rozza veste, il mio
addome rugoso non gela. E anche se molto spesso per tanti mesi non tocco cibo,
non provo appetito. Tutto questo certamente mi capita grazie al potere della Visione
Interiore di cui ti ho parlato. Ciò che t’ho trasmesso adesso è un segreto
che non potrà essere consumato in una vita intera. Che dirti ancora?».
Poi tace, chiude gli occhi e rimane
immobile. Mi sono accomiatato da lui piangendo. Mentre camminavo lentamente sul
sentiero che discende dall’entrata della grotta, scorgo solamente le cime degli
alberi rischiarate dai raggi del sole. In quel momento sulla montagna e nella
la valle sento un lieve scalpitio di zoccoli. Stupito e spaventato guardo nelle
quattro direzioni e vedo Hakuyū che da lontano, lasciata la grotta mi viene
incontro per farmi strada. Quando mi è davanti dice: «Sui viottoli di un monte non
percorso da uomo è difficile orientarsi. Puoi incontrare difficoltà nel tuo
rientro, Ti faccio da guida per un tratto». Indossa ampi zoccoli,
stringe un piccolo bastone, cammina su picchi e scala precipizi in un camminar
leggero simile al passo di pianura, e parlando, sorride e mi guida sulla
strada. Il viottolo è scosceso ancora per qualche ri; quando sopraggiungiamo
presso quel torrente di montagna percorso all’andata, egli dice: «Segui
questo corso d’acqua e arriverai senza problemi al villaggio di Shirakawa».
Poi con malinconia ci siamo divisi e sono restato immobile, guardando Hakuyū
ritornare alla sua grotta. L’andatura dell’anziano è maestosa: assomiglia a uno
che, lasciato il mondo e messe le ali, sale verso il cielo degli immortali. Ho
sentito invidia e provato rispetto, nel rimpianto di non poter seguire un tale
Uomo fino alla fine della mia vita. Quindi lentamente mi sono incamminato sulla
via del ritorno.
Ho
iniziato la pratica della Visione
Interiore, e poco meno di tre anni dopo tutte le malattie che mi
hanno sempre oppresso si sono dileguate da se stesse, senza l’uso di medicine,
agopuntura e moxa. Oltre ad essere guarito dalle infermità, ho poi compreso a
fondo e chiaramente il Kōan che fino a quel momento era stato inaccessibile,
per la complessità di concepirlo, penetrarlo, dargli significato e capirlo. Ho
sperimentato sei o sette volte una grande felicità per questa comprensione,
mentre incalcolabili sono state le volte in cui ho sentito l’inesprimibile
gioia di un Satori minore. Per la prima volta ho compreso che Myōki non ci ha
mai ingannato enumerando i diciotto grandi Satori e quelli minori senza numero.
Nel passato avevo i piedi sempre ghiacciati, come affondati nel ghiaccio e
nella neve, anche quand’erano coperti con due o tre paia di calze. Adesso,
anche nei giorni molto freddi dei tre mesi d’inverno, le calze non le porto
mai, e non accendo più la stufa. Anche se ho superato i settant’anni, non
soffro neanche della più lieve malattia. Sicuramente il merito va attribuito a
quella pratica divina. Non si deve considerare che i respiri affannosi
dell’agonia di Korukin, compilati come una storia assurda quando è stato sul
punto di spirare, sono in grado di ingannare il lettore intelligente. Questa
narrazione non è scritta per gli spiriti eccellenti, ossia coloro che hanno la
profonda genialità per realizzare il Satori immediato. Sarà invece d’aiuto, se
letto e studiato con attenzione, per quelli che come me sono limitati, o per
chi ha sofferto malattie dolorose come le mie. Temo però che gli eccelsi
batteranno le mani per il gran ridere. Infatti, “il cavallo che mangia
mangime andato a male, sarà molesto per chi vuol riposare”.
[1] Dattiloscritto
della Dott.ssa Anna Asciano, linguista e orientalista. Traduzione letterale dal
giapponese, di un antico manoscritto dello Yasenkanna Jōkan proveniente
dal Monastero Zuiganji, Matsushima., donatoci nell’anno 2001. La terminologia
meditativa, rispecchia una traduzione più aderente alla pratica zen (rispetto
alla traduzione del Dott. C. Vittorioso), così come ci è stata tramandata dal
nostro maestro Don J.B. Ichiro Ishii ed è indicata sempre in grassetto.
[2] Hakuin Ekaku
Zenji, Yasenkanna, Trattato Zen sulla salute, SE 1994.
[3] N.d.R.: anche se
l’eccesso di ogni attività meditativa è dannoso indipendentemente dalla tecnica
praticata, dalla descrizione patologica che segue qui sotto, per “meditazione”
va intesa esclusivamente la pratica mentale intensiva del KOAN e non la pratica
dello ZAZEN.
© by René Manusardi
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