I 12 GRADI DEL SILENZIO






© by René Manusardi
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Pratica del Silenzio integrale in Maria Amata di Gesù [1] 
Il settore di analisi e di riflessione critica della Sociologia clinica neuromeditativa, ossia quello della coscienza neuroscientifica, è connesso per molti aspetti con la Teologia spirituale, tuttavia si discosta nettamente da quest’ultima per lo studio strutturale che esso dedica alla coscienza spirituale ― essenza dell’anima ―, intesa principalmente come centro consapevole della persona e come luogo di apertura al Totalmente Altro e di relazione umana interpersonale.
Avvalorando un concetto da noi più volte affermato nel corso degli anni di docenza quale insegnante di Tecniche di Immersione nella Coscienza, riaffermiamo chiaramente che mentre nella Teologia spirituale si rende peculiare il “come avviene” e “cosa avviene” nell’incontro col divino, la Socioclinica neuromeditativa si caratterizza esclusivamente per lo studio antropologico della “realtà neuroscientifica della coscienza”, dove eventualmente potrebbe anche avvenire un incontro col divino.
Nel campo vastissimo e non sempre nitido della mistica delle religioni, rintracciare una metodologia a forte sostrato antropologico dotata di una relativa autonomia rispetto alla propria esperienza di fede, per sottoporla al vaglio di una rigorosa analisi fenomenologica, non è cosa facilmente realizzabile ma neppure impossibile. A patto che la metodologia stessa aderisca al criterio di “realtà” proprio dell’essere umano, ossia a quelle verità inscritte nella sua natura, comprovate dal diritto naturale e osservabili dalle scienze umanistiche.
Nel corso del lungo pellegrinaggio di indagine sperimentale meditativa che ci ha tenacemente accompagnato in questi ultimi decenni alla ricerca dei requisiti di “realtà” antropologica sopradescritti, un occhio particolare e di riguardo è infine caduto sul breve saggio di spiritualità ottocentesca “I Dodici Gradi del Silenzio”, della carmelitana francese Suor Maria Amata di Gesù (1839 - 1874). Uno scritto intriso di realismo psicologico, dotato di una profonda capacità di scandagliare la mente, in grado di far emergere la realtà sepolta dello spirito ossia la coscienza spirituale, in tutto il suo più vero fulgore. Abbiamo esaminato l’interno del testo, che si commenta da sé per semplicità, chiarezza e spirituale profondità, alla luce dell’impianto fenomenologico proprio della Socioclinica neuromeditativa. Ne è risultata un’analisi arricchita anche di rilievi ascetico-mistici e di spunti psicologici tali da fare apparire nella sua pienezza la dottrina spirituale sul silenzio, contenuta in questa sintetica composizione, che qui accenneremo solo in parte, rimandando alla lettura completa del nostro libro La Mistica del Silenzio.
Una Metodologia per placare il caos della mente e attivare la coscienza
Lo scritto di Suor Maria Amata, è testimone di una breve e densa dottrina, in cui il procedimento ascetico di “imparare a fare silenzio, facendo silenzio e imparando dal silenzio stesso”, elide alla radice ogni possibile scorciatoia di facilitazione tecnica e qualsiasi addentellato teorico, tranne quello offerto dai fondamenti evangelici e scritturistici, di cui I Dodici Gradi del Silenzio sono fortemente intrisi, e dalle indicazioni proprie della Regola carmelitana che formavano il modus vivendi proprio di quella comunità contemplativa.
Maria Amata, si spinge risolutamente attraverso “la stretta porta e l’angusta via che mena alla vita”, [2] penetrando ed immergendosi progressivamente nel mistico silenzio. Intende così svuotare gradualmente tutto il suo essere in un percorso di liberazione interiore dai vincoli psicologici, al fine di renderlo capace di contenere la nuda realtà del “Dio presente”, persino al di là della ricerca di ogni possibile fruizione personale di tale mistero.
Per la sua forte connotazione psicologica, tale da renderla così prepotentemente attuale nel panorama contemporaneo della spiritualità cristiana e nel dialogo con le religioni orientali, questa “mistica della nuda Presenza di Dio” propugnata ne I Dodici Gradi del Silenzio, è in condizione di cogliere il nucleo essenziale del pensiero di San Giovanni della Croce. E, al pari di esso, si pone in linea di continuità con la “mistica dell’Essenza” di Meister Eckhart (1260-1328), di Giovanni Taulero (1300-1361), del beato Enrico Suso (1300-1366) e degli altri mistici renano-fiamminghi, nonché con l’esemplare erede di tale tradizione spirituale, Madre Mechtilde de Bar (1614-1698).
Fenomenologia psicologica dei dodici gradi del Silenzio
I Dodici Gradi del Silenzio non tracciano un breve trattato di teoria della mistica, ma delineano un metodo progressivo di pratica della mistica, descrivendo una metodologia basata sulla pratica integrale e radicale del silenzio, che spinge ad un energico “lavoro interiore”. Tale lavorio, frutto di una docilità totale all’azione infusa dello Spirito Santo, ci porta gradualmente a sperimentare la presenza luminosa di Dio secondo i canoni propri della immensa tradizione teologica della mistica cattolica. Ma ci fa anche assaporare l’amaro calice della assenza tenebrosa di Dio attraverso la scoperta della realtà della nostra anima con la sua grandezza di centro-coscienza dell’essere umano, ma anche con la sua miseria di origine-deposito dei vizi capitali. I quali, frutto maturo della ferita originale, si ramificano anche nella mente e nel corpo rendendo poi l’anima stessa avvinta alle catene di una sensualità male indirizzata, al delirio lucido di passioni sregolate, a una miriade di impulsi incontrollabili, di pensieri scarsamente dominabili, di idee false e tendenziose capaci di costruire palinsesti intellettuali lontani dalla verità, dalla realtà e dall’etica di rapporti interpersonali fondati sulla giustizia sociale. A tal proposito, l’insegnamento di Suor Maria Amata nell’ottavo grado del silenzio è mirabilmente realistico: «Una contemplazione di Dio sostenuta, immediata, non è possibile sull’infermità della carne, senza un dono particolare della divina bontà; ma il silenzio negli esercizi propri della mente è, rispetto alla fede, l’accontentarsi della sua luce oscura».
I Dodici Gradi del Silenzio, aprono invece uno squarcio di conoscenza sulla coscienza ossia sulla essenza dell’anima. La quale, per percepire in sè la Presenza di Dio manifesta, deve gradualmente dischiudersi attraverso la via del silenzio, la pratica del silenzio e lo stato di silenzio. Superando così l’ostacolo rappresentato dalle potenze dell’anima, ossia il contenuto razionale, volitivo, mnemonico, sentimentale, emozionale, affettivo, sensitivo e percettivo, il quale non permette alla stessa essenza dell’anima di sbocciare, di manifestarsi, di auto-comprendersi. E di essere poi, nelle esperienze mistiche, assorbita e dispersa dalla presenza trascendente di Dio “Uno” vivente in lei, o di gustare la presenza di relazione con Dio “Trino” che in Gesù Cristo vuole familiarmente e sensibilmente amarla come Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il breve opuscolo di Suor Maria Amata rappresenta quindi un contributo non indifferente ad una crescita approfondita della Socioclinica neuromeditativa, nel suo contenuto di sapere auto-sperimentale riguardante la struttura interiore della coscienza spirituale, ossia l’esplicitazione su base sperimentale e di susseguente riflessione critica, della sua complessità strutturale. Permettendo così a questa disciplina di confine tra teologia spirituale, fenomenologia della coscienza e neuroscienze, sia di interfacciarsi a pieno titolo nel dialogo interreligioso con la migliore tradizione a riguardo esistente nel buddhismo, sia di mantenere un feedback costante con la scienza contemporanea la quale attraverso discipline quali appunto fenomenologia, psicologia transpersonale, neuroscienze, vede nello studio sperimentale della “coscienza” anche l’esatto sostantivo terminologico con cui chiamare quella realtà invisibile e vitale dell’essere umano, che per millenni è stata denominata “anima” o “spirito” dalla nostra cultura occidentale.
Partendo dal silenzioso distacco temporaneo nei confronti dei contatti col mondo, della propria realtà corporea, delle relazioni interpersonali, Suor Maria Amata approda con decisione all’interno della realtà mentale e del proprio tessuto psicologico, impiegando nei confronti di essi l’uso risoluto e guerriero della spada del silenzio, utilizzata quale realtà sterminatrice del proprio egocentrismo a favore di una assoluta manifestazione della maestà di Dio nella propria anima.
A causa della loro sorprendente attualità storica ― per cui possono essere affiancati alla psicologia del buddhismo, che consiste nel vivere la vita psicologica in una silenziosa dimensione di incessante lavoro spirituale capace di far emergere gli strati più sottili della personalità ― "I Dodici Gradi del Silenzio" possono essere considerati come una mistica lente di ingrandimento sulla nebulosa realtà della coscienza. Un telescopio spirituale in grado di donare nuove luci ed intuizioni sia ad una fenomenologia della coscienza fondata sulla conoscenza della realtà naturale, sia ad un’autentica terapia di guarigione interiore. Una terapia che partendo dalla pura contemplazione dell’intima realtà umana — così come si presenta nella sua natura ferita dalle conseguenze del peccato originale — è capace di liberarla attraverso la lotta contro i vizi capitali e così trasformarla, sotto l’influsso di una ferma volontà prima guidata e infine conquistata dall’influsso dello Spirito Santo.
Dodici gradi, intesi come tappe di difficoltà crescente, scene di vita reale dove si consuma la nostra quotidiana guerra contro l’ego, cammino di silenzioso avvicinamento al luogo della Shekina, la Divina Presenza, attraverso una collaborazione attiva e passiva all’azione dello Spirito Santo nella rimozione di quegli ostacoli mentali che albergano stabili nel profondo dell’anima. Questo è il senso della ascesi, della disciplina corpo-mente proposta da Suor Maria Amata nei suoi dodici gradi del silenzio. Un itinerario di emancipazione umana, un cammino di purificazione e una via di accesso alla realtà onnipresente di Dio, ostacolata dalle turbe del nostro tessuto fisiologico e psicologico che ne impedisce una viva e costante percezione.
Questo cammino interiore, che preferiamo mettere in evidenza come itinerario di liberazione spirituale lineare e progressivo, muovendo dalle relazioni umane e dal rapporto con il proprio corpo arriva a setacciare e a scandagliare tutta la complessità stratiforme della nostra realtà psicologica, ponendo su di essa il sigillo del silenzio con la sua sofferta ma tagliente efficacia:
1° grado: silenzio della lingua
2° grado: silenzio del corpo
3° grado: silenzio dell’immaginazione
4° grado: silenzio della memoria
5° grado: silenzio del dialogo interiore
6° grado: silenzio del cuore
7° grado: silenzio dell’amor proprio
8° grado: silenzio della mente
9° grado: silenzio del giudizio
10° grado: silenzio della volontà
11° grado: silenzio con se stesso
12° grado: silenzio con Dio
I Dodici Gradi del Silenzio [3] 
Introduzione
La vita interiore potrebbe consistere in una sola parola: silenzio! Il silenzio prepara i santi, li inizia, li sviluppa, li perfeziona. Dio, che è eterno, non dice che una sola parola, è il Verbo. Ugualmente sarebbe da desiderare che tutte le nostre parole esprimessero Gesù direttamente o indirettamente. Quanto è bella questa parola: silenzio!
Primo Grado: Parlare poco con le creature e molto con Dio
Questo è il primo passo, ma indispensabile, nelle vie solitarie del silenzio. A questa scuola s’insegnano gli elementi che dispongono all’unione divina. Qui l’anima studia e approfondisce questa virtù nello spirito del Vangelo, nello spirito della regola che ha abbracciata, rispettando i luoghi consacrati, le persone e soprattutto la lingua, dove così spesso si riposa il Verbo o la Parola del Padre, il Verbo fatto carne! Silenzio al mondo, silenzio alle notizie, silenzio con le anime anche più giuste: la voce d’un Angelo ha turbato Maria...
Secondo Grado: Silenzio nel lavoro, silenzio nei movimenti
Silenzio nell’andatura: silenzio degli occhi, delle orecchie, della voce; silenzio di tutto l’essere esteriore per disporre l’anima a trattare con Dio. Con questi primi sforzi l’anima merita, per quanto è da lei, d’intendere la voce del Signore. Come questo primo passo è ben compensato! Egli la chiama nel deserto, ed ecco perché in questo secondo stato, ella si toglie da tutto ciò che potrebbe distrarla; s’allontana dal rumore, fugge sola verso Colui che è solo. In Lui gusta le primizie dell’unione divina e la predilezione del suo Dio. È il silenzio del raccoglimento o il raccoglimento nel silenzio.
Terzo Grado: Silenzio della immaginazione
Questa facoltà è la prima che bussa alla porta chiusa del giardino dello Sposo; l’accompagnano i turbamenti inesplicabili, le impressioni vaghe, le tristezze. Ma in questo luogo appartato, l’anima darà al diletto prove del suo amore. Essa presenterà a questa potenza che non può essere annientata le bellezze del cielo, gl’incanti del suo Signore, le scene del Calvario, le perfezioni del suo Dio. Allora ella pure resterà nel silenzio, essa sarà l’ancella silenziosa dell’Amor divino.
Quarto Grado: Silenzio della memoria
Silenzio del passato… dimenticanza. Bisogna saturare questa facoltà col ricordo delle misericordie di Dio... È la riconoscenza nel silenzio, è silenzio del ringraziamento.
Quinto Grado: Silenzio con le creature
Oh, miserie della nostra condizione presente! Spesso l’anima, attenta su se stessa, si sorprenderà a conversare interiormente con le creature, rispondendo in loro vece. Oh, umiliazione che ha fatto gemere i santi! Allora quest’anima deve ritirarsi gradatamente nelle più intime profondità di quel luogo nascosto, ove riposa la Maestà inaccessibile del Santo dei santi e dove Gesù suo consolatore e suo Dio, si scoprirà a Lei, le rivelerà i suoi segreti e le darà un saggio della beatitudine futura. Allora Egli le infonderà un amaro disgusto per tutto ciò che non è Lui, e tutto ciò che è della terra cesserà a poco a poco di distrarla.
Sesto Grado: Silenzio del cuore
Se la lingua è muta, se i sensi sono calmi, se la immaginazione, la memoria, le creature tacciono e stabiliscono la solitudine, se non attorno, almeno nell’intimo di quest’anima sposa, anche il cuore farà poco rumore. Silenzio degli affetti, delle antipatie, silenzio dei desideri troppo ardenti; silenzio dello zelo indiscreto; silenzio del fervore esagerato; silenzio perfino dei sospiri!… Silenzio dell’amore in ciò che ha di esaltato, non di quella santa esaltazione di cui Dio è l’autore, ma di quella in cui si frammischia la natura! Il silenzio dell’amore è l’amore nel silenzio!… È il silenzio davanti a Dio, bellezza, bontà, perfezione!… Silenzio che non ha nulla di impacciato, di forzato: tale silenzio non nuoce alla tenerezza, alla vigoria di questo amore, come la confessione dei falli non nuoce al silenzio dell’umiltà, come il frullo delle ali degli angeli, di cui parla il profeta, non nuoce al silenzio della loro obbedienza, come il fiat non nuoce al silenzio del Getsemani, come il Sanctus eterno non nuoce al silenzio dei serafini!… Un cuore nel silenzio è un cuore di Vergine, è una melodia per il cuore di Dio! La lampada si consuma senza rumore davanti al tabernacolo e l’incenso sale in silenzio fino al trono del Salvatore; tale è il silenzio dell’amore! Nei gradi precedenti, il silenzio era ancora il lamento della terra; in questo l’anima, per la sua purezza, comincia ad imparare la prima nota di quel santo cantico che è il cantico del cielo
Settimo Grado: Silenzio della natura dell’amor proprio
Silenzio alla vista della propria corruzione, della propria incapacità. Silenzio dell’anima che si compiace della propria bassezza. Silenzio alle lodi, alla stima. Silenzio davanti ai disprezzi, alle preferenze, alle mormorazioni: è il silenzio della dolcezza e dell’umiltà. Silenzio della natura davanti alle gioie o ai piaceri. Il fiore sboccia in silenzio ed il suo profumo loda in silenzio il Creatore: l’anima interiore deve fare lo stesso. Silenzio della natura nelle pene o nelle contraddizioni. Silenzio nei digiuni, nelle veglie, nelle fatiche, nel freddo e nel caldo. Silenzio nella salute, nella malattia, nella privazione di ogni cosa: è il silenzio eloquente della vera povertà e della penitenza; è il silenzio amabilissimo della morte a tutto ciò che è creato ed umano. È il silenzio dell’io umano che passa nel volere divino. I fremiti della natura non potranno turbare questo silenzio perché esso è al di sopra della natura.
Ottavo Grado: Silenzio della mente
Far tacere i pensieri inutili, i pensieri piacevoli, naturali; questi solamente recano danno davvero al silenzio della mente e non il pensiero in se stesso che non può cessare di esistere. La nostra mente vuole la verità e noi le diamo la menzogna! Ora la verità essenziale è Dio! Dio basta alla sua intelligenza divina e non basta alla povera intelligenza umana! Una contemplazione di Dio sostenuta, immediata non è possibile sull’infermità della carne, senza un dono particolare della divina bontà; ma il silenzio negli esercizi propri della mente è, rispetto alla fede, l’accontentarsi della sua luce oscura. Silenzio ai ragionamenti sottili che indeboliscono la volontà e inaridiscono l’amore. Silenzio nell’intenzione: purezza, semplicità; silenzio alle ricerche personali; nella meditazione, silenzio alla curiosità; nell’orazione, silenzio alle proprie operazioni, esse non fanno che intralciare l’opera di Dio. Silenzio all’orgoglio che si ricerca in tutto, ovunque e sempre, che vuole del bello, del bene, del sublime; è il silenzio della santa semplicità, dello spogliamento totale, della rettitudine. Una mente che combatte contro tali nemici è simile a quegli angeli che vedono senza interruzione il Volto di Dio. Il Signore innalza fino a Sé questa intelligenza, sempre nel silenzio.
Nono Grado: Silenzio del giudizio
Silenzio quanto alle persone, silenzio quanto alle cose. Non giudicare, non lasciar scorgere la propria opinione. Non averne talvolta, cioè cedere con semplicità, se non si oppone la prudenza o la carità. È il silenzio della beata e santa infanzia, è il silenzio dei perfetti, è il silenzio degli angeli e degli arcangeli quando eseguono gli ordini di Dio. È il silenzio del Verbo incarnato. 
Decimo Grado: Silenzio della volontà 
Il silenzio ai comandamenti, il silenzio alle sante leggi della regola non è ancora, per così dire, che il silenzio esteriore della propria volontà. Il Signore ha qualche cosa di più difficile e di più profondo d’insegnarci: il silenzio dello schiavo sotto i colpi del padrone. Ma felice schiavo, visto che il padrone è Dio. Questo silenzio è quello della vittima sull’altare, è il silenzio dell’agnello che si lascia spogliare della sua lana, è il silenzio nelle tenebre, silenzio che impedisce di domandare la luce, almeno quella che rallegra. È il silenzio nelle angosce del cuore, nei dolori dell’anima; il silenzio di un’anima che s’è vista favorita dal suo Dio e che, sentendosi respinta, non pronuncia neppure questa parola: “Perché?”, “Fino a quando?”. È il silenzio nell’abbandono, il silenzio sotto la severità dello sguardo di Dio, sotto il peso della sua mano divina; il silenzio senza altro lamento che quello dell’amore. È il silenzio della crocifissione, è più che il silenzio dei martiri, è il silenzio della agonia di Gesù Cristo. Sì, questo silenzio è il suo divino silenzio e niente è paragonabile alla sua voce, nulla resiste alla sua preghiera, nulla è più degno di Dio di questa specie di lode nel dolore, di questo fiat sotto il torchio, di questo silenzio nel lavoro della morte! Mentre questa volontà umile e libera, vero olocausto d’amore, si spezza e si distrugge per la gloria del nome di Dio. Egli la trasforma nella sua volontà divina. Allora, che manca alla sua perfezione? Che occorre ancora per l’unione? Che c’è di bisogno per il compimento del Cristo in quest’anima? Due cose: la prima è l’ultimo respiro dell’essere umano; la seconda è una dolce attenzione all’Amato, il cui bacio divino è l’ineffabile ricompensa.
Undicesimo Grado: Silenzio con se stesso
Non parlarsi internamente, non ascoltarsi, non compiangersi, non consolarsi. In una parola: tacere con se stesso, dimenticare se stesso, lasciarsi solo, tutto solo con Dio, fuggirsi, separarsi da se stessi. Ecco il silenzio più difficile e non di meno essenziale, per unirsi a Dio così perfettamente come lo può una povera creatura che, con la grazia, supera spesso tutti i gradi precedenti ma si arresta a questo non comprendendolo e ancor meno praticandolo. È il silenzio del nulla, più eroico del silenzio della morte.
Dodicesimo Grado: Silenzio con Dio
In principio Dio diceva: “Parla poco con le creature e molto con me!”. Ora le dice: “Non mi parlare più!”. Silenzio con Dio è: aderire a Dio, presentarsi, esporsi davanti a Dio, offrirsi, annientarsi davanti a Lui, adorarlo, amarlo, ascoltarlo, comprenderlo, riposarsi in Lui. È il silenzio dell’estremità, è l’unione dell’anima con Dio.
[1] Sintesi aggiornata e epistemologicamente ottimizzata , tratta dal volume R. Manusardi, La mistica del Silenzio, Il Cerchio 2014, pag. 23-24, 30-32.
[2] cfr. Mt. 7,14.
[3] Suor Maria Amata di Gesù, I Dodici gradi del silenzio, Ristampa anastatica nell’anno 1989 a cura dell’eremita diocesano fra Mario Rusconi, Santuario B.V. del Soccorso di Minucciano (LU), di un Opuscolo a tiratura limitata con imprimatur diocesano stampato nell’anno 1927.

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