sabato 8 ottobre 2016

Il Nomade in Silenzio


Lo scritto ha partecipato a “Vagabondi delle montagne”. Premiato su 95 partecipanti.

di Luciano Pellegrini


 Amo la solitudine, fa parte del mio carattere, è spontanea, è il mio modo di fare. 

 Il vagabondare per i monti, mi fa gustare tutto ciò che mi circonda, soprattutto il rumore del silenzio, IL NOMADE SILENZIO. 

 Dialogo con il canto monotono, ripetitivo, lamentoso (cucù…cucù…) del cuculo. 

 Mi fa compagnia e gli rispondo, peccato che non si fa mai vedere, è un volatile eccezionalmente bello, con il frinio delle cicale ed il cri-cri dei grilli. Sono insetti solitari. 

 Qualche volta incontro una persona, o… sempre più difficile, un pastore, e parliamo della dura vita che fa. 

 Mentre gli parlo riflette e guarda lontano. 

 La sua giornata la trascorre appoggiandosi al suo bastone, sorveglia il gregge con i suoi cani, mangia un pezzo di formaggio, il gregge rientra il pomeriggio ed inizia la mungitura. 

 Prepara il formaggio e la ricotta, solo quando è sicuro di scendere a valle. In questo giorno, chiude lo stazzo e parla con i cani di fare buona guardia. 

 Dorme su un materassino, non conosce le comodità. 

 Che insegnamento, che vagabondo. 

 Quando decido di raggiungere una vetta, anche se l’ho fatta tante volte, trovo sempre un nuovo stimolo. 

 Ogni volta c’è qualcosa di diverso. 

 Il vento, le nuvole, la nebbia, la pioggia, la neve. 

 Ciò che non cambia mai è il silenzio, rotto dal rumore dei miei passi e dal mio respiro. 

 Risaltano il Nomade silenzio ed il Rumore del silenzio.

 Purtroppo, sempre più si è costretti a subire l’aggressione all’ambiente, specialmente per il rumore dei motori delle vetture e delle moto. 

 Volevo riscoprire un sentiero e percorrevo una valle. 

 La nebbia rendeva il posto suggestivo, da fiaba. 

 Un rumore, come una sega, mi frena, mi blocca, non vedo nessuno. 

 Penso, sarà un taglialegna, ma presto mi accorgo che è il rumore di una micro car guidata da un adulto che con noncuranza mi ha salutato. Un fungarolo? 

 Intanto l’incantesimo si è rotto. 

 Vagabondare significa anche allontanarsi dalla confusione della vita cittadina e provare nelle valli infinite, quasi senza uscita, l’angoscia del silenzio.

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