martedì 15 novembre 2016

Alzheimer: il morbo non ha inizio dove si pensava


Recente studio individua la reale zona del cervello da cui il morbo di Alzheimer si diffonde.

 Una zona profonda del cervello, denominata prosencefalo basale (colorata in viola nella figura), mostrerebbe segni di degenerazione prima della comparsa dei sintomi e dei segni del morbo di Alzheimer. È quanto emerge da una ricerca pubblicata su Nature Communications da un gruppo internazionale di ricercatori guidati dai neuroscienziati della prestigiosa Cornell University di Ithaca, negli USA, che mette in dubbio e fa progredire le conoscenze sull'insorgenza e la progressione del morbo.

Dove ha inizio il morbo di Alzheimer?

 Il morbo di Alzheimer pone diverse domande di tipo medico e scientifico a cui neuroscienziati e neurologi cercano di rispondere con sforzi crescenti. Tra di esse, una delle più rilevanti riguarda i meccanismi, le modalità e i tempi di diffusione della degenerazione dei neuroni tipica del morbo.

 I dati raccolti finora lasciano pensare che la degenerazione dei neuroni si diffonda da una regione circoscritta al resto del cervello attraverso le sinapsi con modalità che ricordano la diffusione di una malattia infettiva. Ad oggi, l'ipotesi più accreditata è che il processo di diffusione del morbo di Alzheimer abbia inizio nella corteccia entorinale, un'area della corteccia cerebrale del lobo temporale che rappresenta il principale canale attraverso cui l'ippocampo riceve informazioni per generare e conservare i ricordi.

Sapere dove ha inizio il morbo di Alzheimer per fermarlo

 "Abbiamo analizzato immagini ad alta definizione del cervello di più di 400 persone sane, con diversi gradi di demenza e in stadi più o meno avanzati della malattia" spiega Nathan Spreng, ricercatore alla Cornell University e coautore dello studio "ottenute grazie alla risonanza magnetica e raccolte nel gigantesco database pubblico della Alzheimer’s Disease Neuroimaging Initiative coordinata dall'Università della California a San Francisco".

 I risultati delle analisi indicano che la degenerazione strutturale del prosencefalo basale, un'area del cervello ricca di neuroni che producono acetilcolina, precede la degenerazione di altre aree cerebrali, compresa la corteccia entorinale del lobo temporale.

 "Inoltre, abbiamo rilevato che la degenerazione del prosencefalo basale" spiega ancora Nathan Spreng "può essere presente anche in persone che non mostrano ancora i segni della malattia ma che presentano livelli anomali di proteina beta-aimolide, il principale costituente delle famigerate placche amiloidi, nel liquor, il liquido che avvolge il cervello e il midollo spinale".

 Sebbene i ricercatori americani sconsiglino l'effettuazione di test di screening che associno il livello di proteina beta-amiloide, test che potrebbero ingenerare un inutile e dannoso stato di ansia, essi sono ottimisti circa i loro risultati. "Infatti" conclude Nathan Spreng "aver chiarito dove insorge questo morbo devastante può portare più rapidamente a sviluppare trattamenti per bloccare la diffusione al resto del cervello".

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