sabato 2 agosto 2014

Sapersi ascoltare, il primo passo verso la serenità

Nella foto Donatella Coda Zabetta

di LM&SDP


Scavare nella buia caverna del nostro sé per ritrovare quel barlume di luce che da sempre illumina la nostra esistenza. L’intervista a Donatella Coda Zabetta, autrice del libro “Il coraggio di ascoltarsi”


   Imparare a guardare dentro noi, anziché concentrarsi su ciò che accade intorno a noi è il primo passo verso la felicità. Le emozioni – anche se apparentemente sotto il nostro controllo – con il passare degli anni, dopo averle sotterrate per bene, tendono a esplodere come un vulcano in eruzione. 


   Donatella Coda Zabetta nel suo “Il coraggio di ascoltarsi” (Edizioni Mediterranee) valorizza l’importanza della ricerca interiore, dell’analisi individuale e della comprensione – e accettazione – di noi stessi. Ma soprattutto del personaggio che abbiamo creato fin dal primo giorno di vita per poter sopravvivere all’oscura foresta del nostro sé plasmato per mezzo delle esperienze quotidiane. L’autrice spiega come riuscire a gestire in maniera consapevole emozioni e sentimenti importanti come la rabbia, il dolore e la paura. 

   E non si tratta assolutamente di nozionismo perché Donatella, dopo ben ventitré anni di lavoro imprenditoriale, sceglie di cambiare completamente vita per dedicarsi a un’esistenza più in linea con la Natura. Parliamo direttamente con lei per capire qual è stata la scintilla che le ha permesso di attuare un cambiamento così radicale. 



   Donatella, dopo decenni di lavoro imprenditoriale lei “scappa dalla città” per dedicarsi totalmente al mondo della Natura. Cos’ha oggi più di ieri? 

   «La libertà dell’essere. Oggi sono perfettamente in armonia con me stessa e questo mi dona grande serenità. I ritmi frenetici del lavoro imprenditoriale sono stati sostituiti dai ritmi della Natura dando vita a un processo di grande trasformazione. Non avevo mai realizzato quanto lo stile di vita precedente mi avesse a poco a poco allontanato da me stessa pur nella convinzione di essermi pienamente realizzata: cercavo al di fuori di me qualcosa che avrei potuto trovare solo interiormente, ascoltandomi e imparando a conoscermi sempre più in profondità. Il contatto con la Natura ha favorito e stimolato questa ricerca, riportandomi, a mano a mano, a riprendere il contatto con il mio corpo, i suoi ritmi e le sue esigenze». 

   «Il benessere è maturato proprio da queste attenzioni: un corretto alternarsi di attività e riposo, un’alimentazione più sana ed equilibrata e una maggiore libertà di espressione. Il lavoro non è diminuito; anzi, a volte, mi sorprendo a osservare quanto sia incrementato: si tratta di un’attività più fisica e meno intellettuale, che segue il ritmo delle stagioni e una naturale predisposizione a essere più attivi in estate e più introspettivi in inverno.  Arrivo a sera più stanca, ma ogni giorno il lavoro con la terra e gli animali mi insegna qualcosa e mi arricchisce, non certo materialmente, ma spiritualmente. Ora conduco una vita all’insegna della semplicità e non rimpiango assolutamente l’abbigliamento formale del manager, il telefonino sempre acceso, i compromessi del business e le incombenze legate a un certo tipo di ambiente sociale. Più si ha e più si desidera avere, senza rendersi conto di quanto questa dinamica costruisca una vera gabbia dorata intorno a noi. Imparare ad accontentarsi e a gioire di quello che si ha è la vera libertà».



   Asini, caprette, gatti e cane: una famiglia un po’ allargata. Come si traduce tutto questo in una giornata “tipo”? 

   «La giornata inizia presto e gran parte del tempo è dedicato a prendersi cura della famiglia bipede e di quella a 4 zampe.  Mi sveglio all’alba, mentre il mondo intorno ancora dorme e dedico un’oretta ad aggiornare sito e blog per seguire il progetto libro. Poi via all’aria aperta a sfamare la truppa pelosa, pulire la stalla e portare avanti le incombenze stagionali (fieno, frutteto, orto e manutenzione campi…). Per pranzo si riunisce la famiglia e mi piace portare in tavola prodotti freschi e naturali: richiedono più tempo per la preparazione, ma è una grande soddisfazione assaporare frutta e verdura di produzione propria. Poi ritaglio il mio spazio meditazione e riprendo il lavoro all’aperto dopo aver seguito la piccola della famiglia nello studio. Per cena rientra la famiglia al completo e si condivide la giornata. Ho una vita assolutamente normale, scandita dalle condizioni meteo (quando piove aumenta il tempo libero), dall’impegno in campagna e da quello casalingo. Quando si ha la fortuna di fare un lavoro che appassiona, il tempo a esso dedicato non pesa e anche i rapporti umani hanno una marcia in più. Sono più presente e allo stesso tempo serena. Inutile dire che i libri, la ricerca e la scrittura riempiono ogni momento libero a mia disposizione». 



   Nel tuo ultimo libro “Il coraggio di ascoltarsi” si dà molta enfasi al controllo delle emozioni. Cosa accade se ne siamo vittime anziché autori consapevoli? 


   «Se permettiamo alle emozioni di dirigere la nostra vita, ci accorgeremo ben presto di quanto i nostri comportamenti siano semplici re-azioni determinate dall’abitudine e dagli schemi mentali del nostro vissuto. 

   Se siamo arrabbiati, per esempio, ogni comportamento sarà direzionato dalla nostra aggressività: potremo chiuderci a riccio o scatenare la nostra rabbia all’esterno, convinti, in quel modo, di averla lasciata andare. In entrambi i casi le relazioni che ci troveremo a costruire saranno viziate dall’impatto di questa emozione e difficilmente riusciremo a rilassarci o a vedere oltre il nostro disagio». 

   «Saremo centrati su noi stessi e la mente non farà che acuire la nostra sofferenza filtrando ogni evento con la lente fumosa della rabbia, trasformando anche eventi estremamente banali in feroci attacchi alla nostra persona. 

   Le emozioni sono generate dalla mente e se ci lasciamo travolgere dalle stesse finiremo ben presto in un circolo vizioso da cui sarà molto faticoso uscire. Ogni situazione ci offrirà un ottimo pretesto per arrabbiarci ulteriormente e i nostri occhiali finiranno per montare lenti sempre più scure, tanto da farci vedere nero anche in pieno sole. 

  Per questo motivo e per il nostro stesso benessere diviene fondamentale imparare a divenire attori consapevoli invece di automi a programmi predefiniti».



  Nel suo libro si parla di traumi che non derivano da questa vita. Come riuscire a riconoscerli? 

(N.d.R.: pur non credendo in modo assoluto nella reincarnazione, rispettiamo le convinzioni dell'autrice, riportandone integralmente il suo pensiero. Noi preferiamo parlare neuroscientificamente di "replicazione della memoria genetica", depositata nella catena del nostro DNA dai comportamenti e dalle tendenze innate dei nostri ante-nati

   «Quando si inizia un lavoro verso la consapevolezza, il primo passo è affrontare le debolezze e le paure che ci appartengono e i disagi della vita attuale. La non accettazione di come siamo genera sofferenza e ci rende insicuri e vulnerabili al giudizio degli altri. A volte, sebbene si sia già lavorato molto in profondità su se stessi, può accadere di non riuscire a determinare la causa scatenante del dolore generato dal reiterarsi di situazioni molto simili in cui siamo coinvolti. Questo crea grande frustrazione e un blocco nel percorso difficilmente superabile nonostante gli sforzi fatti. Spesso, alla base del disagio vi è un trauma molto doloroso che l’inconscio, per il nostro stesso benessere, ha sotterrato per bene: questa operazione non evita la sofferenza che determinati eventi risonanti con essa scatenano. L’esperienza mi ha portto a scoprire che spesso l’origine di questo dolore risiede in traumi vissuti in altre incarnazioni».  


 Perdonare gli altri non è semplice, ma possibile. Perdonare se stessi e cancellare tutto si può? 

   «Il perdonarsi è una scelta. Non si tratta di una scelta facile perché la mente ci condiziona a osservare il vissuto giudicandoci. Per riuscirvi è importante adottare una prospettiva di cuore e accettare che ogni esperienza, a maggior ragione quelle dolorose, abbia rappresentato una lezione evolutiva tesa a farci crescere, conoscendoci sempre più in profondità. 

   Spesso si identifica il perdonarsi come una forma di debolezza, quando, al contrario, si tratta di un processo doloroso e molto faticoso teso a raggiungere una piena accettazione di se stessi. Quando restiamo incagliati nella dinamica del dolore è molto difficile trovare la forza per ascoltare il cuore e comprendere che tutti indistintamente, nelle nostre incarnazioni precedenti o in questa stessa, abbiamo operato scelte che ci hanno portato ad azioni caratterizzate da poco amore. 

   Nulla ci differenzia dagli altri, paure e debolezze sono insite nella nostra umanità. Alla base del perdono vi è sempre una grande umiltà, necessaria a rimetterci in discussione e ad accettarci per come siamo. L’amore, sostenuto dall’umiltà, segna la via del perdono».



   Potrebbe indicare ai nostri lettori alcuni semplici esercizi per “resettare” il sistema emozionale, radicato anche a livello fisico? 

   «Assolutamente. L’utilizzo consapevole del respiro è uno strumento eccezionale: accessibile, semplice da attuare ed efficace. Focalizzare l’attenzione sul respiro, sull’alternarsi ritmico di inspirazione ed espirazione, aiuta a distrarre la mente dal flusso emotivo e a ritrovare oggettività e distacco. 

   Si può facilmente notare come si accorci il respiro durante situazioni di stress: questo segnale del nostro corpo è molto significativo. Indica, infatti, una chiusura da parte nostra a ricevere (inspirazione) e a lasciar andare (espirazione) ed evidenzia l’influenza del filtro mentale con il suo flusso emotivo. 

   Il cuore, a differenza della mente, accoglie e dona liberamente al di là di aspettative e desideri e si manifesta con un respiro profondo e completo. Un esercizio molto semplice è proprio quello di imparare ad ascoltare il proprio respiro e allungarlo consapevolmente. Si possono fare dei controlli a orari prefissati della giornata e dedicare qualche minuto ad approfondire inspirazioni ed espirazioni. 

   Ci si accorgerà, ben presto, di quanto questo banale accorgimento sia in grado di apportare importanti benefici al nostro umore, aiutandoci a recuperare un certo distacco dalle situazioni e rilassandoci. Le prime volte potrà sembrare difficile mantenere un respiro più profondo, ma disciplina e forza di volontà disgregheranno alla distanza tutte le nostre barriere. Nel libro propongo molti esercizi legati al corpo perché lo considero un magnifico strumento di lavoro: la mente inganna, mentre il corpo non mente e per noi occidentali abituati a pensare anche di notte, invece di dormire, è veramente indispensabile imparare a trascendere le dinamiche mentali». 

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