venerdì 8 agosto 2014

La sofferenza distrugge le maschere



di Lidia Vitale 

In antitesi alla corrente che identifica la psichiatria nell’area delle neuroscienze tout court, lo psichiatra fenomenologico Eugenio Borgna (2003) ne rivendica la natura etica di scienza umana. 


 Ogni funzione psichica non può esaurirsi in funzioni cerebrali, come sostenuto dalle neuroscienze
  Per le neuroscienze, ci sono disturbi psichici condizionati geneticamente, e ci sono disturbi psichici (mentali) condizionati, invece, nella loro insorgenza da fattori ambientali; ma gli uni e gli altri sono reciprocamente intrecciati. In ciascuna malattia psichica, secondo Kandel, le condizioni genetiche e quelle ambientali sono diversamente rappresentate: talora prevalendo le une e talora le altre. 
  In ogni caso, al di là delle loro componenti ereditarie, o ambientali, i disturbi psichici non sono se non la risultante fatale di modificazioni strutturali nei contesti cerebrali. 
  In questo discorso non ci sarebbe, in accordo col filosofo Carlo Sini, traccia di riflessione e, tanto meno, di una spiegazione del miracolo attraverso cui l’oggettivo diventa soggettivo, attraverso cui l’insieme di “fatti”, accertabili neuroscientificamente, si “trasformi” nei “significati” che essi dovrebbero spiegare, chiarire, indicare nel loro fondamento. 
  Un po’ come se si pretendesse di definire in maniera compiuta un “orgasmo” a partire dalla elencazione delle componenti fisiologiche di: risposte fisiche, trasformazioni corporali, produzioni, restringimenti, contrazioni… Senza accenno alcuno alla complessità emotiva, al coinvolgimento psicologico e allo stravolgimento di pensieri, sensi, sentimenti ed emozioni che una esperienza totale e limite come quella, inevitabilmente comporta. 
 La psichiatria non può risolversi e dissolversi nella neurologia, o nella neurobiologia
  Kurt Schneider a proposito ha affermato: «Si è cercato d’indagare il cervello come l’organo della vita psichica: si è creduto di avere trovata la via che doveva condurre, alla fine, alla localizzazione e ad una spiegazione dei disturbi psichici, e di conseguenza ad una articolazione scientifico-naturale delle malattie psichiche»; e ancora, radicalmente «…Con la introduzione della tecnica microscopica cresceva la speranza di una psichiatria fondata sull’anatomia: dalla quale il concetto di anima scomparisse sempre più». 
  La soluzione più semplice al disturbo psichico indicherebbe nell’uso del farmaco l’unico razionale terapeutico. Intervenire sulla capacità neurotrasmettitoriale cerebrale, sulla recettorialità dei modulatori cerebrali, favorirebbe certamente un riassetto elettrolitico ma non raggiungerebbe il cuore del problema: il groviglio di significati, ambivalenze, confusioni, solitudini e delusioni che caratterizzano il travaglio mentale di una persona sofferente e che solo il dialogo e il confronto, la relazione e la condivisione possono far estrinsecare
  Il farmaco uniformerebbe i modi di vivere ed elaborare gli eventi della vita, sottraendoli ad ogni risonanza emozionale, tentando di cicatrizzare le ferite dell’anima, raggelando sensibilità e fragilità che sono in noi. 
  Il tentativo di cogliere e condividere la qualità dell’esperienza diventa allora un tentativo coraggioso non solo per i professionisti ma anche per tutti coloro che si trovano ad affrontare da vicino una malattia psichica
  Borgna conclude sostenendo che: «…Non è possibile, forse, accostarsi al segreto delle anime ferite dalla sofferenza (dall’angoscia e dalla tristezza, dalla dissociazione e dalla ossessività, dal desiderio di morire e dalle inquietudini del cuore) se non siamo capaci di cogliere la sofferenza come la nostra possibile sofferenza: partecipando ad essa e ri-conoscendola nella sua dimensione umana, e nella sua inemendabile dignità». 

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