Un nuovo studio afferma che la meditazione può regolare l’attività cerebrale collegata allo stress e la risposta a esso. Scansioni del cervello mostrano importanti modifiche nelle aree deputate al controllo delle emozioni.
Mettere a tacere la mente, o “cavalcare la tigre”, è l’obiettivo principale della meditazione, che si traduce in consapevolezza. E, sebbene raggiungere la consapevolezza sia un passo da gigante nel raggiungere l’equilibrio interiore, a livello più “materiale” praticare la meditazione può modificare l’attività cerebrale in quelle aree coinvolte nella regolazione dell’umore e gestione dello stress. Infine, secondo un nuovo studio, questa tecnica può dimezzare il rischio di avere ricadute nella depressione.
Ecco dunque quanto scoperto dai ricercatori del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Oxford, nel Regno Unito, coordinati dal professor Mark Williams, i quali hanno condotto uno studio sugli effetti della cosiddetta Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) sulle persone affette da depressione.
Ecco dunque quanto scoperto dai ricercatori del Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Oxford, nel Regno Unito, coordinati dal professor Mark Williams, i quali hanno condotto uno studio sugli effetti della cosiddetta Mindfulness-Based Cognitive Therapy (MBCT) sulle persone affette da depressione.
«La psicoterapia coinvolge i pazienti con l’analisi di pensieri e sentimenti, con la speranza che la loro comprensione possa portare qualche tipo di cambiamento. La consapevolezza [mindfulness] è parte di questo, ma coinvolge anche la meditazione», sottolinea al Daily Mail il professor Williams. I risultati di questo studio mostrano come la MBCT possa realmente agire sui processi del cervello, così come mostrato dalle scansioni per immagini prodotte durante le ricerche.
«La meditazione, che è una pratica antica e una parte della filosofia orientale spirituale, richiede di sedersi, di solito in silenzio, e concentrarsi su una cosa, come le sensazioni dell’inspirare e l’espirare – spiega Williams – La mente vaga, e l’invito è di tornare a focalizzare la vostra attenzione concentrando su quanto si faceva. Le persone che fanno regolarmente meditazione si sentono molto tranquille. E, per mezzo di tecniche di scansione moderne che misurano l'attività nel cervello, stiamo cominciando a capire perché».
Queste modifiche nell’attività cerebrale sono state individuate a seguito di studi condotti dai colleghi di Williams in Usa e Canada, che hanno fotografato quanto avviene nel cervello durante e a seguito della meditazione.
In particolare, «la meditazione aiuta a ridurre l’attività della parte del cervello chiamata amigdala, che regola i sentimenti di stress», precisa Williams – Coloro che sono più stressati e ansiosi hanno una amigdala che è iperattiva. Meditando questo evento si riduce».
Ma non solo: la meditazione ha un effetto anche su un’altra area del cervello detta Insula, che è coinvolta nelle emozioni più profonde, come anche l’amore, fa notare l’autore dello studio.
«Sappiamo da altri studi che l’insula ci permette di provare emozioni, così quando abbiamo il “cuore spezzato” sperimentiamo realmente un certo tipo di dolore – spiega ancora Williams – Normalmente l’attività in questo settore è strettamente collegata alla parte del cervello coinvolta nel pensiero analitico. Quindi, se siamo in lotta con il nostro partner, non solo ci sentiamo male, ma cominciamo a pensare al perché, che cosa tutto questo dice sul nostro rapporto e che cosa potrebbe accadere se non si riuscisse a rimediare».
Nelle persone che soffrono di una qualche malattia mentale – come la depressione – questo processo si amplifica, assumendo anche caratteri ossessivi. Ma tutto ciò si può prevenire. «Meditando si spezza questo ciclo – rassicura Williams – riducendo i legami tra l’insula e le parti del cervello che analizzano, come abbiamo osservato nelle scansioni cerebrali. Non blocca il pensiero o le emozioni di una persona, ma separa queste due parti del cervello, dando al paziente il controllo».
Ma i vantaggi derivanti dal meditare non finiscono qui e il professor Williams ricorda che nel corso di studi clinici si è scoperto come la mindfulness funzioni al pari di un antidepressivo nel prevenire le ricadute della depressione, da usare anche in contemporanea ai farmaci.
Insomma, essere “consapevoli” non solo fa bene a chi non soffre di disturbi mentali come la depressione, ma anche a chi sta bene o soffre di piccoli disturbi come sindrome da stress, ansia, disagio.
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