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COMUNICATO STAMPA – Università di Trento
ROVERETO – La nostra esperienza del tempo è divisa tra presente, passato e futuro. Ma cosa rende il presente diverso da passato e futuro? E quanto “dura” il presente? Da sempre gli psicologi sperimentali hanno tentato di scoprire come percepiamo la successione di eventi che scandiscono la nostra giornata, come costruiamo il senso del tempo.
Il nostro sistema percettivo non registra, ma integra gli stimoli all’interno di finestre temporali. Sappiamo che all’interno di un intervallo di qualche centinaio di millisecondi le diverse informazioni in arrivo dall’esterno vengono integrate dal nostro cervello in un unico percetto, alla base di quello che chiamiamo il nostro “presente soggettivo”, la sensazione di presente istantaneo cui ci riferiamo con hic et nunc. E le neuroscienze e la psicologia sperimentale ci vengono in aiuto per comprendere in che modo costruiamo tale esperienza soggettiva del presente.
La finestra temporale necessaria per la ricostruzione dell’unitarietà non solo delle immagini statiche ma anche delle esperienze più simili al mondo reale, dove la scena è in continuo cambiamento, va dai due ai tre secondi. A dirlo è uno studio appena pubblicato sulla rivista PLoS ONE e condotto da un gruppo di ricercatori del Centro Mente Cervello dell’Università di Trento guidati dal professor David Melcher.
La ricostruzione visiva di immagini decomposte è un fenomeno relativamente noto e studiato in laboratorio. Ma il mondo esterno, lungi dall’essere statico come può esserlo uno stimolo visivo artificiale, è invece in continua evoluzione e ci bombarda di stimoli di natura diversa, in particolare visivi, uditivi e tattili, in continuo cambiamento non solo spaziale ma anche quanto ad importanza e salienza per l’individuo.
Questa complessità del reale e del suo fluire è ricreabile in laboratorio attraverso un’esperienza che noi tutti conosciamo: la visione di un film. In questa situazione, i soggetti, pur non muovendosi in prima persona, assistono a narrazioni che evolvono.
Cos’è l’adesso di qualcosa che si sta sviluppando nel tempo?
Per scoprirlo, i ricercatori si sono chiesti se anche in questo caso è valido il vincolo temporale dei 2-3 secondi necessario alla ricostruzione unitaria della scena. In caso di risposta affermativa, tale intervallo non sarebbe una caratteristica di certi processi ma rifletterebbe un principio organizzativo generale, come già altri studi sembrerebbero suggerire, in particolare quelli condotti sul linguaggio in cui la percezione della segmentazione dell’eloquio che fluisce nel tempo influenza la nostra capacità di comprensione del messaggio, per la quale è necessaria l’integrazione di informazioni di natura diversa (semantiche, sintattiche e pragmatiche – VEDI ARTICOLI SU: LINGUISTICA ).
«Una delle più evidenti, quanto misteriose, caratteristiche del flusso di coscienza è l’esistenza di un presente soggettivo integrato, che si stima duri all’incirca dai due ai tre secondi e che corrisponde all’impressione che abbiamo dell’istante presente, dell’ora. Il nostro studio dimostra per la prima volta che un intervallo di integrazione di 2-3 secondi, già trovato in compiti più semplici, è ugualmente valido anche quando consideriamo complesse sequenze visive, come i film, più consistenti con la nostra esperienza del presente soggettivo», ha spiegato il leader del gruppo, David Melcher alla guida dell’Active Perception Lab.
I ricercatori hanno mostrato in modo casuale ai soggetti delle sequenze di video privati di audio e decomposti in intervalli di durata diversa, da poche centinaia di millisecondi fino a molti secondi, per osservare fino a che punto l’integrazione dei video era possibile.
«I film sono costituiti da singole inquadrature, tratti di pellicola montati in successione tra loro e separati da dei tagli. E’ interessante notare che la loro durata nei film di Hollywood, compresi i trailers e le sequenze di azione, tende ad essere in media proprio di 2-3 secondi. Dato che in genere le persone muovono gli occhi molte volte al secondo, anche la più breve delle inquadrature è molto più lunga del tempo di fissazione degli occhi mentre ad esempio leggiamo. Una possibilità, in linea con i nostri risultati, è che l’informazione dell’evento corrispondente alla nostra percezione di quello che sta accadendo “ora” sia accumulata su un periodo di qualche secondo, rendendo così la durata di 2-3 secondi delle clip nei film un compromesso ideale tra l’efficienza (mostrare quanti più riprese possibili in un breve periodo di tempo) e la facilità di visione».
La ricerca è stata condotta all’interno del progetto “Costruzione dello spazio-tempo percettivo” (Construction of perceptual space-time), della durata di 5 anni e premiato dal Consiglio Europeo della Ricerca con circa 1 milione di euro, per lo studio della nostra rappresentazione stabile e continua del mondo esterno. Il modo in cui il nostro cervello costruisce, a partire dalle informazioni sensoriali in entrata, l’esperienza dello spazio e del tempo rimane, infatti, uno dei grandi misteri delle scienze cognitive.
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David Melcher
David Melcher è professore associato del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università degli Studi di Trento. Ha conseguito il dottorato di ricerca alla Rutgers University nel New Jersey (USA) nel 2001. Ha poi lavorato come assegnista di ricerca presso l’università San Raffaele (Milano) e in seguito come professore associato presso Oxford Brookes University. Ha tenuto corsi per l’Università di Oxford, l’Università Bocconi, l’Università San Raffaele, la New York University e l’Università di Harvard. Nel 2011, l’associazione Americana di Psicologia (APA) gli ha assegnato il premio “Distinguished Scientific Award for Early Career Contribution to Psychology”.
Oltre all’ERC Starting Grant sullo spazio-tempo, David Melcher è il responsabile di ATTEND – Characterizing and improving brain mechanisms of attention, un progetto di ricerca in collaborazione con il Center for Neuroscience and Cognitive Systems dell’Istituto Italiano di tecnologia (IIT), la Fondazione Bruno Kessler e il Massachusetts General Hospital. ATTEND si è aggiudicato un finanziamento “Grande Progetto PAT” di 2 milioni di euro. Ha pubblicato su numerose riviste internazionali tra le quali Nature, Nature Neuroscience, Current Biology, Neuron.
BIBLIOGRAFIA:
Link al sito del gruppo di David Melcher:
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